Ci aveva provato Chavez, con un falso golpe, lo ha compiuto Erdogan, allo scopo
di eliminare gli 'scomodi'.
Il tiranno Maduro, pero, non ce l'ha fatta, ha studiato male le sue mosse e
tutti se ne sono accorti. Anche l'elicottero e il pilota hanno fatto acqua.
Vediamo le ipotesi proposte da Rocco Cotroneo che scrive su Il Corriere on
line?
Le ipotesi
Un tentativo di insurrezione, un episodio di
esibizionismo personale oppure una messinscena del governo di Nicolas Maduro
per accelerare una svolta autoritaria? Non ci sono elementi chiari al momento
per far luce sugli episodi delle ultime ore a Caracas, capitale del
Venezuela. Dove le manifestazioni di protesta sono costanti da due mesi e il
governo chavista accelera la repressione contro gli oppositori e i media.
Sicuramente un po' di esibizionismo c'è un attore, in
fondo, si esibisce ma l'interpretazione, nel filmato, non è stata
nemmeno tanto da 'oscar'.
I precedenti
Non va dimenticato che il Venezuela è abituato ad episodi
di questo tipo. Nella storia più recente basta ricordare il fallito tentativo
di golpe guidato dall’allora colonnello dei parà Hugo Chávez, nel 1992, contro
il governo di Carlos Andres Pérez; e poi nel 2002 il colpo di mano
dell’opposizione per far fuori lo stesso Chávez, già al potere, poi rientrato
nel giro di 48 ore a causa del rifiuto dell’esercito di abbattere il presidente
legittimo.
Esattamente quello che ha
tentato di fare il dittatore attuale, pensava di farcela, ma quando lo fece il
suo mentore, aveva un certo sostegno dal popolo, cosa che Maduro non vanta,
oltre l'80% della popolazione non ne vuol sapere di lui. Il venezuelano non si
lascia nemmeno prendere in giro ormai, ma la fine di nostro paese si avvicina
insesorabilmente, giorno dopo giorno. La Constituyente, illegalmente
invocata dal narcotrafficante al potere, potrebbe diventare la tomba della
libertà dei venezuelani.
La destra venezuelana dietro le bombe?
Il presidente Nicolas Maduro non ha dubbi: il gesto
dell’agente Oscar Pérez (foto) è un «atto di terrorismo», che avrebbe potuto
provocare una strage e dietro al quale c’è la mano della destra venezuelana e
di potenze straniere interessate al crollo della rivoluzione bolivariana. Il
ministro dell’Informazione Ernesto Villegas ha sostenuto che Pérez è sotto
indagine per i suoi rapporti con la Cia e l’ambasciata Usa a Caracas, e che
lavorava come pilota dell’ex ministro dell’Interno Miguel Rodriguez Torres,
allontanato dal governo anche lui per presunti rapporti con il «nemico».
Quest’ultimo si è difeso smentendo tutto («il mio pilota si chiamava Pérez, ma
è un omonimo») e sostenendo di aver avuto rapporti con la Cia su richiesta
dell’ex presidente Chávez.
Le solite chiacchiere dei soliti
comunistoidi demodè, quando si accorgono che la realtà diverge da quello
che sostengono, parlano di 'destra venezuelana'. La stragrande maggioranza
della popolazione ha detto no a Maduro, il 6 dicembre 2015, schiacciato dai
voti. Il momento in cui Maduro ha capito che non ce l'avrebbe fatta mai piu', quindi
ha dovuto calare la maschera e mostrarsi per quello che è, un genocida.
Quel volo sospetto
L’autore del gesto e l’elicottero sono spariti dopo aver
sorvolato per pochi minuti il centro di Caracas. Il velivolo è partito da una
base militare nel cuore della capitale, sotto il pieno controllo
dell’aeronautica. Oppositori accusano quindi Maduro di aver messo in piedi
una farsa per giustificare un’ulteriore stretta. «Se il Venezuela affogherà nel
caos e nella violenza, se tenteranno di distruggere la rivoluzione bolivariana
andremo alla lotta, e quello che non otterremo con il voto lo prenderemo con le
armi», ha minacciato Maduro dopo l’episodio. La capitale è sotto assedio,
mentre oggi è prevista l’ennesima manifestazione dell’opposizione.
Ieri sono morti altri cinque giovani, sotto i colpi della
polizia del regime. In Venezuela non esistono da un pezzo i Diritti Umani e il
mondo, per interessi nemmeno tanto celati, non fa nulla.
"I rumorosi silenzi dei bolivariani d'occidente
davanti al disastro"
Quando la barca affonda, si sa, i topi fuggono: l’abbandonano. Io non so se
la barca chavista affonderà, se si inabisserà da sola o porterà con sé in fondo
al mare un intero paese: da quel che vedo, il suo motto è après moi le déluge;
o se si preferisce: muoia Sansone con tutti i filistei. Per tenersi a galla le
tocca attingere al fondo del barile: una surreale riforma corporativa, il
fascismo del XXI secolo. Una cosa però è certa fin d’ora: molti topi sono in
fuga. Scappano a gambe levate! C’è chi lo fa in silenzio: perché diciamolo, ci
sono silenzi rumorosissimi. Qualcuno sa se Michael Moore, già cantore di Hugo
Chávez, sta girando un documentario sulla gioia dei venezuelani? Se Ken Loach
interpreterà presto il ruolo di viceministro para la Suprema Felicidad Social
del Pueblo, in onore della creativa carica creata dal suo nume? A qualcuno è
capitato di sentire l’ultimo pistolotto di Gianni Vattimo sulle magiche virtù
del socialismo tropicale? L’ultima intervista fiume di Ignacio Ramonet a
Nicolás Maduro su sfondo di violini? Almeno l’ineffabile Noam Chomsky non si
nasconde e agisce: firma manifesti contro gli abusi di… Mauricio Macri! Comico,
ma vero. L’onestà intellettuale è merce rara, per cui non c’è da stupirsi. Ma
più del silenzio, può l’incontinenza verbale: qualcosa bisognerà pur dire. E
l’ultima moda è quella che d’ora in poi sentiremo più spesso. In cosa consiste?
Lo lascio dire a un politico di Podemos incontrato a un convengo accademico:
Maduro? E’ più anti chavista degli antichavistas. Testuale. E come lui
centinaia d’altri, che presto saranno migliaia, soprattutto ex dirigenti e
funzionari del regime chavista: abbandoniamo la nave, è la parola d’ordine;
segno che ormai non credono più possa raddrizzarsi. Va da sé che a voler vedere
il bicchiere mezzo pieno, si tratta di buoni segnali: c’è chi nel chavismo sta
rinsavendo, chi ritiene ci siano limiti non superabili; indicano che il regime
si sfalda, che profonde crepe lo minano, che molti che in suo nome sfilarono
per anni compatti sono oggi in cerca di nuova verginità. Fa una certa
impressione leggere l’intervista al País del generale Rodríguez Torres, alto
ufficiale del chavismo fino ad appena tre anni fa: quando c’era Lui, sembra di
sentire; ah, se Lenin non fosse morto, risuona l’eterno lamento: quasi che a
quel tempo, quando il regime organizzava le milizie paramilitari che oggi
reprimono, prendeva il controllo della magistratura, dell’esercito e delle
università, quando già inondava il paese con migliaia di ore di propaganda
presidenziale a reti unificate obbligatorie, il Venezuela fosse una deliziosa
democrazia, oggi lordata dal perfido Maduro.
Visto così, a me Nicolás Maduro fa quasi pena; non dico tenerezza, perché è
un personaggio troppo grottesco per suscitare simili sentimenti, ma pena sì:
perché il suo è un destino beffardo. Se il Venezuela è oggi quel che è, se è
uno stato fallito in mano a una mafia senza scrupoli che si ammanta di slogan
ideologici vecchi e ammuffiti, se la violenza e la miseria vi si rincorrono
senza tregua e la più tetra anarchia ha divelto ogni residuo legame sociale, se
l’enorme ricchezza accumulata in un decennio vi è sparita a causa di
un’esplosiva miscela di cleptomania, dilettantismo e megalomania, se invocando
il pueblo il regime ha demolito la fiducia nelle istituzioni pubbliche senza le
quali nessun ordine sociale può sostenersi, la responsabilità storica è di Hugo
Chávez e dei tanti che l’hanno osannato, omaggiato, celebrato. A Maduro, che
proprio Chávez consegnò in dote ai venezuelani, vogliono oggi togliere perfino
il diritto di invocare colui che amò come un padre! Che ingiustizia, povero
Maduro. Eppure è talmente chiaro: le sue politiche, i suoi uomini, le sue
istituzioni, i suoi balzani progetti di riforma costituzionale, il suo
disastroso governo dell’economia, i suoi consiglieri cubani, sono tutti eredità
di Chávez. Non me ne vogliano i topolini in fuga, ma la realtà è assai
prosaica: il chavismo rimarrà una presenza importante nella storia venezuelana
ed è giusto e auspicabile che trovi la forma istituzionale per convivere
democraticamente con le altre anime del paese; ma che il suo regime fosse fin
dalle origini impregnato della tipica pulsione totalitaria dei populismi
latinoamericani era ovvio e scontato per chiunque ne conosce la storia. L’avevano
scritto in molti: avevano ragione.
Loris Zanatta
@cosmodelafuente via
Mediacontact Communications
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