Carissimi,
prima di postare la seconda parte della storia di Simón Bolivar, vorrei tornare a parlare brevemente del caso ‘Antonio Faccini’ perché qualcuno mi ha chiesto come mai non ne abbiamo più parlato.
Da anni mi interesso del dramma vissuto dai genitori che vengono separati dai figli e soprattutto dei bambini che rimangono senza il padre a causa della mancata applicazione della legge sulla bigenitorialità. Il caso Faccini sconfina in un campo dove non si può parlare unicamente di figli negati o di uomini penalizzati, proprio perché il dramma peggiore lo sta vivendo un innocente di sei anni, testimone oculare dell’omicidio della propria madre.
La priorità credo che sia quella di proteggere questo bambino e si rischia, invece, di nuocere proprio lui.
Ho accettato di buon grado di pubblicare la lettera di Antonio, che io stesso ho corretto, perché mi sembrava giusto lasciar parlare un uomo condannato all’ergastolo che urlava forte il suo amore di genitore. Sarebbe giusto che la controparte, che non può più farlo, potesse dare la propria versione. E’ anche vero che un giovane uomo, fratello della ex moglie di Antonio, scampato per miracolo alla furia omicida del cognato, è rimasto in un attimo senza madre e senza sorella. Non possiamo chiedergli di intervenire benché, pare, abbia seguito il dibattito che proprio qui abbiamo aperto.
Le ferite causate dal caso Faccini non sono ancora rimarginate e, leggendo alcuni articoli e notizie riguardo il suo processo si parla di una premeditazione che sarebbe stata provata. Non sono in grado di entrare nel merito di questo.
Nel mio piccolo ho cercato sempre di instaurare un colloquio con chi mi segue e di sensibilizzare in favore dell’amor di padre, che è sacrosanto tanto quanto quello della madre. Lottiamo contro i luoghi comuni e l’assurda penalizzazione dell’uomo, ma soprattutto non possiamo accettare che a farne le spese siano sempre i bambini.
Il mio naturale amor di padre vuole credere alle parole della lettera di perdono di Antonio. Spero che sia stata dettata dal suo cuore e dalla sua mente. Che il bambino riesca a vivere il più ‘normalmente’ possibile. La più grande dimostrazione d’amore verso il piccolo credo sia quella di permettergli di dimenticare. Tutti i bambini hanno il diritto di avere una madre e un padre, nel caso di questo bimbo, per colpe da attribuirsi a uno o più colpevoli, gli sono stati negati entrambi i genitori.
Auguriamoci che la legge sull’affidamento venga resa applicabile, e, soprattutto, che venga applicata da chi ha il difficile compito di decidere del futuro dei minori. Diversamente saremo tutti complici di situazioni estreme che possono sfociare in sanguinosi delitti.
Cosmo de La Fuente
Simón Bolivar
(segue)
…tra storia e sentimento (seconda parte)
Ora vive come un giovanotto dell’aristocrazia, attento allo sviluppo delle sue tenute senza tirarsi indietro quando c’è da affrontare un litigio o una discussione in favore dei suoi affari. Contrariamente a quanto si dice ai giorni nostri, Simòn è buon imprenditore pensa agli affari e contemporaneamente si preoccupa anche dell’avvenire del suo paese. Insieme a suo fratello Juan Vicente e alcuni amici, Simón si riunisce nella loro bella casa di Caracas, sulle sponde del ‘río Guaire’per parlare di letteratura, di geografia e per pianificare l’indipendenza del Venezuela.
Il 19 di aprile del 1810 la Giunta Britannica nomina Bolivar, Andres Bello e Luis Lopez Mendez. Appena terminata la sua missione a Londra rientra a Caracas, dotto circa il funzionamento delle istituzioni in Inghilterra. Diventa uno dei più ardenti avvocati dell’Indipendenza venezuelana e viene nominato ‘ Colonnello ‘ dell’esercito contribuendo, sotto gli ordini di Miranda, alla sottomissione della città di Valencia. Nel 1812 non riesce ad evitare, però, che, a causa di un tradimento, Puerto Cabello cada nelle mani delle forze realiste Al porto di La Guaira un gruppo di giovani ufficiali , fra i quali Bolivar, chiede di continuare la lotta, ma ogni sforzo sarà inutile.
Simon si salva solo grazie all’aiuto di un fidato amico, don Francisco Iturbe, che riesce a procurargli un passaporto per scappare a Curacao. Si trasferisce in seguito a Cartagena dove pubblica: ‘Memoria dirigida a los ciudadanos de la Nueva Granada por un caraqueño’, uno degli scritti fondamentali dove espone la sua fede politica e i suoi principi che rimarranno tali anche negli anni futuri.
Seguiranno battaglie, sconfitte e vittorie. Nel 1819 a capo di un piccolo esercito si trova ancora in Colombia, elimina i nemici ai margini del fiume Magdalena, s’impadronisce della Villa di Cucuta e, nel mese di maggio, comincia la liberazione del Venezuela. Dalla frontiera dello Stato di Táchira arriva vittorioso fino a Caracas, dove, il 6 di agosto, annuncia il suo ‘Decreto di Guerra a Morte’. Stimola, in questo modo, il sentimento nazional patriottico dei venezuelani. In questo periodo gli viene dato il nome di ‘Libertador’ con il quale passerà alla storia.
Il personaggio di Simon è uno tra i più affascinanti, preso ad imitazione dei capi di stato, scalda il cuore e gli animi dei venezuelani ancora oggi. Anche molti dei personaggi di satira politica, come l’ormai celebre ‘Coronel Milza’ prende spunto dall’epoca del ‘libertador’ malgrado i suoi discorsi riguardino l’attualità italiana. Il piatto nazionale del Venezuela è il ‘Pabellon’ (bandiera) le cui origini sono proprio nel periodo bolivariano. Un piatto composto dal riso bianco aromatizzato che rappresenta il popolo bianco dei conquistadores, i fagioli neri che simboleggiano la razza negra e gli schiavi; il plátano (grossa banana da cuocere) che ricorda il popolo degli indios e la carne ‘mechada’ sfilacciata, aromatizzata e cotta nel sugo di pomodoro che sta a simboleggiare le lotte cruente per l’indipendenza. Un forte guerriero dotato di un cuore appassionato, un mix che fanno di Bolivar un uomo amato dalle donne e dagli uomini.
Il periodo che va da agosto del 1813 a luglio del 1814, la seconda Repubblica, è un anno terribile per la storia del Venezuela perchè……..
(fine seconda parte – continua – Cosmo de La Fuente)
“Ancora una volta ho perso il treno” edizioni Marco Valerio di Marco Civra – Torino - info libro email news@sabortropical.it - mini filmato del Coronel Milza a milza59@yahoo.it
(segue)
…tra storia e sentimento (seconda parte)
Ora vive come un giovanotto dell’aristocrazia, attento allo sviluppo delle sue tenute senza tirarsi indietro quando c’è da affrontare un litigio o una discussione in favore dei suoi affari. Contrariamente a quanto si dice ai giorni nostri, Simòn è buon imprenditore pensa agli affari e contemporaneamente si preoccupa anche dell’avvenire del suo paese. Insieme a suo fratello Juan Vicente e alcuni amici, Simón si riunisce nella loro bella casa di Caracas, sulle sponde del ‘río Guaire’per parlare di letteratura, di geografia e per pianificare l’indipendenza del Venezuela.
Il 19 di aprile del 1810 la Giunta Britannica nomina Bolivar, Andres Bello e Luis Lopez Mendez. Appena terminata la sua missione a Londra rientra a Caracas, dotto circa il funzionamento delle istituzioni in Inghilterra. Diventa uno dei più ardenti avvocati dell’Indipendenza venezuelana e viene nominato ‘ Colonnello ‘ dell’esercito contribuendo, sotto gli ordini di Miranda, alla sottomissione della città di Valencia. Nel 1812 non riesce ad evitare, però, che, a causa di un tradimento, Puerto Cabello cada nelle mani delle forze realiste Al porto di La Guaira un gruppo di giovani ufficiali , fra i quali Bolivar, chiede di continuare la lotta, ma ogni sforzo sarà inutile.
Simon si salva solo grazie all’aiuto di un fidato amico, don Francisco Iturbe, che riesce a procurargli un passaporto per scappare a Curacao. Si trasferisce in seguito a Cartagena dove pubblica: ‘Memoria dirigida a los ciudadanos de la Nueva Granada por un caraqueño’, uno degli scritti fondamentali dove espone la sua fede politica e i suoi principi che rimarranno tali anche negli anni futuri.
Seguiranno battaglie, sconfitte e vittorie. Nel 1819 a capo di un piccolo esercito si trova ancora in Colombia, elimina i nemici ai margini del fiume Magdalena, s’impadronisce della Villa di Cucuta e, nel mese di maggio, comincia la liberazione del Venezuela. Dalla frontiera dello Stato di Táchira arriva vittorioso fino a Caracas, dove, il 6 di agosto, annuncia il suo ‘Decreto di Guerra a Morte’. Stimola, in questo modo, il sentimento nazional patriottico dei venezuelani. In questo periodo gli viene dato il nome di ‘Libertador’ con il quale passerà alla storia.
Il personaggio di Simon è uno tra i più affascinanti, preso ad imitazione dei capi di stato, scalda il cuore e gli animi dei venezuelani ancora oggi. Anche molti dei personaggi di satira politica, come l’ormai celebre ‘Coronel Milza’ prende spunto dall’epoca del ‘libertador’ malgrado i suoi discorsi riguardino l’attualità italiana. Il piatto nazionale del Venezuela è il ‘Pabellon’ (bandiera) le cui origini sono proprio nel periodo bolivariano. Un piatto composto dal riso bianco aromatizzato che rappresenta il popolo bianco dei conquistadores, i fagioli neri che simboleggiano la razza negra e gli schiavi; il plátano (grossa banana da cuocere) che ricorda il popolo degli indios e la carne ‘mechada’ sfilacciata, aromatizzata e cotta nel sugo di pomodoro che sta a simboleggiare le lotte cruente per l’indipendenza. Un forte guerriero dotato di un cuore appassionato, un mix che fanno di Bolivar un uomo amato dalle donne e dagli uomini.
Il periodo che va da agosto del 1813 a luglio del 1814, la seconda Repubblica, è un anno terribile per la storia del Venezuela perchè……..
(fine seconda parte – continua – Cosmo de La Fuente)
“Ancora una volta ho perso il treno” edizioni Marco Valerio di Marco Civra – Torino - info libro email news@sabortropical.it - mini filmato del Coronel Milza a milza59@yahoo.it
8 comentarios:
Non è tutto come sembra. Se da una parte è verissimo che i padri siano sempre stati penalizzati, dall'altra è anche vero che esistono persone, uomini indegni. Nel caso di Antonio penso sia arrivato a troppo e nulla può giustificare quello che ha fatto. Povero bambino.
Lucrezia
nulla puo' giustificare la violenza con tro un padre, giustificandola con il fatto che vi siano uomini indegni. questo e' totalitarismo di sapore nazista, antiebraico.
Se per decenni non si fosse trattato il padre come un genitore di serie B sicuramente le cose sarebbero andate diversamente.
Comunque l'omicidio non può e non deve essere mai giustificato.
Angelo Liuzzi
Ricordo bene la storia di quell'assassino, la settimana scorsa 'La nuova' di Settimo Torinese ha pubblicato la sua lettera. Io butterei via le chiavi e lo lascerei marcire in galera.
Ma siamo pazzi? Deve marcire in prigione. Chi si fiderebbe di un padre del genere?
Senti Sandra ho letto anch'io la lettera pubblicata su La Nuova, ma devo dire che il direttore non ha capito un bel niente,.Antonio appare come un maniaco e basta.
Della sua lettera di richiesta di perdono non se ne parla nemmeno. Che ne sai tu di come stanno veramente le cose per dire che dovrebbero gettare le chiavi?
Per le madri assassine cosa dici?
Fatti furba! Pietro
La più grande dimostrazione d’amore verso il piccolo credo sia quella di permettergli di dimenticare
io credo che la più grande dimostrazione d'amore per il piccolo sia consentirgi di scegliere.
gentile cosmo tu scrivi:
La più grande dimostrazione d’amore verso il piccolo credo sia quella di permettergli di dimenticare
io credo che la più grande dimostrazione d'amore verso il piccolo sia consentirgi di scegliere.
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