Assistenti sociali .... i nuovi mostri
... (continua il discorso sulla vicenda dei fratelli di Gravina)
Ci sono situazioni ben più gravi della chiusura di un esercizio commerciale, situazioni per cui non esiste nessun tipo di resoconto o punizione. Gli errori commessi dal Tribunale dei minori e le inadempienze degli assistenti sociali, ad esempio, non vengono neppure verificati. Chi controlla il loro operato? Chi stabilisce la giusta pena per gli errori commessi?
Rileggendo a ritroso alcune decine di casi in cui i minori hanno subito danni a causa della mancata verifica, nel tempo, della situazione psicologica e la sofferenza di chi ha subito la separazione di un figlio, mi sono reso conto che le colpe da attribuire ad alcuni di questi dipendenti incapaci sono molte. E’ grave che a pagarne le spese siano i bambini.
(....)
La cosa più logica sarebbe che il Tribunale stabilisse un percorso psicologico per tutti i componenti della famiglia a rischio, un sostegno che duri nel tempo, anche dopo l’eventuale sfascio, in modo che non si verifichino situazioni come quella della bambina morta di stenti in Puglia o il triplice omicidio compiuto da Antonio Faccini. (...)
Vorrei chiedere ufficialmente a chi ha il potere di fare qualcosa in Italia, e mi rivolgo a un paio di Ministri ‘importanti’, del passato e del presente, di stravolgere completamente quello che è il Tribunale dei Minori, che, a conti fatti, invece di essere un organo preposto alla salvaguardia dei minori è diventato il lupo mannaro. Ancora una volta credo che sia sufficiente il Tribunale ordinario, che potrebbe nominare assistenti sociali validi, equamente remunerati, psicologi,medici allenati e preparati quindi organizzare metodi di controllo sulle famiglie a rischio, onde evitare che i bambini subiscano, paradossalmente, le gravi conseguenze del mal operato del tribunale nato per loro.
Mani pulite, piedi puliti e, questa volta, mettiamoci pure ‘Tribunali coscienti’. Verifichiamo percorso psicologico degli assistenti sociali, il loro itinerario di studio e la loro esperienza,
Tolta al padre perchè manca la figura materna Un'intricata vicenda familiare, il disperato appello di un papà contro i giudici minorili.Gianni sgrana gli occhioni blu, mentre papà Salvatore racconta l'odissea della sua famiglia impossibile, della sorellina Caterina, della mamma Silvia, della nonna Serena, una famiglia divisa prima dai vizi della vita e poi dalla burocrazia dei tribunali. Gianni guarda papà e fa sì con la testa, interviene a puntualizzare il discorso, srotola i disegni a pennarello che gli ha regalato Caterina. Parla come un adulto e ha solo 11 anni, costretto a crescere in fretta per cercar di capire quello che nemmeno un adulto può capire: perchè non può vivere sotto lo stesso tetto con il padre, la nonna e la sorellina di 8 anni? I rapporti degli psicologi e degli assistenti sociali, le sentenze del Tribunale e della Corte d'appello danno sempre la stessa risposta: a Caterina manca "una valida figura materna", quindi deve restare per tre anni (prorogabili) in una famiglia che non è la sua, in affidamento, dopo un anno di sballottamenti da una comunità all'altra. "La vedo tutti i sabati, Caterina. Quando la sera la riportiamo indietro, papà resta fuori, e io salgo su con lei. Lei piange, io trattengo le lacrime fin sulle scale, e ogni volta vorrei riportarla a casa con me". Salvatore G. ha 54 anni. Aveva un'impresa edile, ma si infortunò a una mano, e ora tira avanti facendo il broker. Nel 1991 si separa dalla convivente, e il Tribunale dei minori gli affida Gianni, purchè abiti con la zia paterna. Poi però nasce Caterina e papà e mamma tornano insieme. Ma nel '96 la madre, con seri problemi di alcolismo, se ne torna dai suoi, portando con sè i bambini. Il Tribunale li affida ai nonni materni, ma nel '98 tornano dal papà: a patto che - ordina il Tribunale - vivano con la nonna paterna. Ma ogni visita della madre è una lite, e così intervengono gli assistenti sociali del comune. E, il 12 agosto '99, i giudici dispongono l'allontanamento forzato" di Gianni e Caterina, con un incredibile blitz di due assistenti sociali e sette agenti di polizia. Finiscono in una comunità fuori Torino per sei mesi, finchè si scopre che mangiano male e sono trattati peggio. Li separano: lui a Torino, lei a Cuneo. Altri sei mesi. Il 13 giugno il Tribunale mette fine all'esilio di Gianni: può tornare a casa. Ma Caterina no, Caterina dev'essere affidata a un'altra famiglia. Per tre anni, forse sei. Papà Salvatore ricorre, ma il 7 settembre perde anche in appello. Caterina "ha bisogno profondo di una figura materna". "Mi restano solo la Cassazione e la Corte europea, ma ci vogliono tanti soldi, e io non ne ho più. Che devo fare? Ho i rapporti favorevoli dello psicologo. Ho gli elogi dei giudici. Ho una madre che non è anzianissima, che adora i miei figli ed è adorata da loro. Ma tutto questo non conta nulla, così come il "principio di fratria", che vieterebbe di separare i fratelli. Quel che conta è che sono un papà e non una mamma. Ma non mi risulta che si tolgano le figlie a tutti i padri rimasti vedovi". Gianni lo fissa con gli occhioni blu, poi lo interrompe: "Con questa intervista, io rischio di tornare in comunità. Ma ne abbiamo parlato a lungo, con papà: questa è l'ultima speranza di riportare a casa Caterina. Il 17 ottobre compierà 8 anni. Non potremo nemmeno festeggiarla. Non cade di sabato, purtroppo, quel giorno".
5 comentarios:
(Con riferimento all'articolo 'I fratelli di Gravina: individuato il possibile lupo mannaro)
Articolo molto, molto interessante soprattutto per ciò che riguarda il modo di lavorare in Italia, in ambiti delicatissimi, di molte persone (magari all’estero è anche peggio) . Aggiungerei che in ogni caso, lavoro a parte, in Italia è abitudine meravigliarsi del fatto avvenuto quando tutti erano a conoscenza,senza intervenire o meravigliarsi, delle cause che, nel tempo, lo hanno determinato come è abitutudine mettere in atto riti antropologici per superare il problema (circostanza anomala-illegale ? omertà-paura di parlare ? fatto grave-tragedia? senso di colpa-paura che accada anche a noi ? rito esorcizzante)
Vedi al riguardo
http://www.madamedeloynes.com/paesefunerali.html
http://www.madamedeloynes.com/cogne.html
Ancora complimenti
Dr. F.G.
D i r i t t i e L i b e r t à – O n l u s
organizzazione non lucrativa di utilità sociale
16126 GENOVA
segrdirittieliberta@email.it
Casella Postale 1372 - Posta Centrale - 16121 GENOVA
Diritti e Libertà – Onlus è una Associazione di puro volontariato che promuove e sostiene la famiglia del detenuto, in particolare quella formata da mamma con bambini piccoli o adolescenti che si trova in serie difficoltà. L’opera di carità che porta avanti è fondata sulla coscienza del bene comune e sul presupposto che tutti hanno gli stessi bisogni indipendentemente dalla singola situazione.
Diritti e Libertà – Onlus è nata formalmente agli inizi del 2003, ha sede legale in Genova, Via Balbi 7 c/o Chiesa SS. Vittore e Carlo ed è riconosciuta Onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) dalla Regione Liguria e opera in rete su tutto il territorio nazionale. Ha collaborazioni con molti Ordini Religiosi e Gruppi di Solidarietà Laici, con i Centri di Ascolto Vicariali Diocesani e importanti associazioni cristiane.
Il Presidente dell’Associazione è il Dr. Gaslini Alberti Egidio che ha dato la sua disponibilità a guidare e far crescere Diritti e Libertà; il Vice Presidente è la Signora Bartole Luciana; il Consiglio di Amministrazione è formato dal Dr. Gennaro Giovanni (imprenditore in pensione fortemente impegnato nel sociale), il Dr. Dulberg Moshé (dottore in farmacia e titolare di una farmacia, già appartenente ai Trinitari Secolari del ramo laico), il Dr. Martino Francesco Salvatore (anch’egli dottore in farmacia e appartenente ai Trinitari Secolari del ramo laico); I Revisori dei conti sono: il Signor Martini Paolo, l’Avv. Gambaro Paola del Foro di Genova, l’Avv. Capirossi Massimo del Foro di Asti.
Diritti e Libertà fin dalla sua fondazione promuove il “progetto famiglia” la cui finalità è quella di mantenere unita la famiglia e in costante contatto con la persona detenuta. Attualmente ci occupiamo di centinaia casi di famiglie con congiunti in carcere in Genova e di altre città della Liguria e nelle varie città di altre regioni d’Italia. Fra queste famiglie ci sono mamme con bambini piccoli malate di cancro di cui alcune terminali per le quali abbiamo la massima attenzione. Inoltre abbiamo diversi bambini con gravi malattie congenite o con seri problemi di salute, naturalmente l’Associazione provvede per quanto possibile per ogni necessità. (Tenuto conto che il sostegno famiglia comprende: l’erogazione di contributi economici per pagare il canone di affitto della casa e le bollette di gas e luce – la consegna diretta o spedizione di pacchi di alimenti ed indumenti - l’assistenza legale gratuita o con il gratuito patrocinio per tutti i diritti (penale – civile – amministrativo – ordinamento penitenziario – internazionale – etc…) – l’assistenza notarile – la ricerca del lavoro – l’aiuto nel pagamento di visite mediche e medicinali – il pagamento di libri di scuola e iscrizione. Forniamo servizi di attivazione e sensibilizzazione di gruppi di solidarietà che con noi collaborano, di centri per l’occupazione al lavoro, segnaliamo taluni casi ai Servizi Sociali e alle Caritas Diocesane e loro Centri di Ascolto ed ai Sacerdoti delle Parrocchie)
Inoltre promuove importanti iniziative quali: “Bimbi a Natale e Pasqua con la famiglia” il cui scopo attiene al diritto all’affettività del minore e si concretizza nell’aiutare e agevolare quanto più possibile l’incontro dei figli con i loro genitori in carcere specialmente nella ricorrenza in cui è più sentito il distacco e far sì che anch’essi possano gioire dell’affetto e dell’amore del papà o della mamma come tutti gli altri bambini. Ciò concorre sensibilmente a mitigare traumi e carenze affettive; “Un libro per ogni detenuto” la cui finalità è quella di dare vita a biblioteche nelle carceri dove non esistono, o arricchire e aggiornare le esistenti, fornendo così al carcerato l’opportunità di fruire di una possibile distrazione dal suo stato e nello stesso tempo avvicinarlo alla cultura quale arricchimento intellettuale e spirituale. Inoltre intende dare consuetudine alle iniziative culturali e sempre in collaborazione con chi condivide le finalità dell’opera di carità. La promozione della cultura in tutte le sue peculiarità è colta come occasione per avvicinare e stimolare le persone ad avere attenzione verso chi, per mille ragioni, si trova in un momento difficile della sua vita. Soprattutto come opera di sensibilizzazione verso i minori che rappresentano il nostro futuro generazionale per i quali noi tutti sentiamo il dovere morale di contribuire a far sì che siano rispettati i loro diritti all’affettività, ai bisogni ed all’infanzia.
Tra poco sarà attivata e resa operativa la nuova Casa di Accoglienza, frutto di una convenzione decennale con la Curia di Genova, atta ad ospitare, temporaneamente, famiglie (mamme con bambini piccoli o adolescenti) che si trovano in particolari situazioni di bisogno e grande disagio.
La famiglia del carcerato è parte delle nuove povertà della porta accanto. Quasi sempre sono mamme con figli in tenera età a trovarsi in particolari situazioni di emergenza dovute a grosse difficoltà economiche ed esistenziali. Quando queste donne si rivolgono a noi per loro rappresentiamo una speranza di aiuto concreto. Ascoltiamo le loro odissee, i loro pianti, la loro solitudine. Andiamo a visitarle nelle loro case, ove possibile. Sono famiglie per cui arrivare alla fine del mese è difficile, anzi impossibile senza un aiuto. In massima parte sono formate da mamme con bambini piccoli o adolescenti che con grande dignità, coraggio e volontà si battono per mantenere e tenere unita la famiglia. Per questo vanno aiutate in tutti i modi possibili affinché possano crescere i loro figli in modo da tutelarne i bisogni dell’infanzia, i suoi diritti e soprattutto l’affettività. Spesso, purtroppo, accade che per ragioni economiche questi minori vengano separati dalla loro madre e affidati ad Istituti o ad estranei causando ulteriori irreparabili lacerazioni affettive. Quasi sempre l’esistenza di queste famiglie è segnata dall’umiliazione e non avendo colpe da scontare, per un sentimento di bene verso chi ha sbagliato, pagano un costo umano inverosimile. Di colpo diventano cittadini di serie B e per esse tutto diventa molto difficile, dal trovare un lavoro, al mantenere la casa, al mandare i figli a scuola, curarli nell’alimentazione e nelle malattie, vestirli, ottenere un piccolo credito, far fronte alle quotidiane esigenze di una normale famiglia. Occorre tener presente che molte persone che vengono arrestate e incarcerate, spesso in sede di giudizio, vengono assolte, ma nel frattempo hanno subito danni morali e materiali gravissimi di cui nessuno potrà mai risarcirli a sufficienza ed i primi a farne le spese sono proprio i famigliari nelle componenti più deboli, ossia i “bambini” che rappresentano il nostro futuro. Essi non hanno voce ed hanno gli stessi diritti di tutti gli altri e per questo Diritti e Libertà - Onlus si adopera sempre di più per diventare un punto riferimento per queste famiglie.
L’Associazione trae risorse economiche dai propri Soci e Sostenitori, da iniziative culturali benefiche, dalla promozione del “progetto famiglia” per far fronte alle richieste di aiuto che aumentano di giorno in giorno. Pertanto la conseguente necessità di reperire risorse umane ed economiche per farvi fronte e dunque è evidente la nostra necessità di un coinvolgimento allargato di persone di buona volontà disponibili ad aderire all’opera dell’Associazione che va incontro verso chi patisce senza colpe.
Genova 2006
È arrivato con tutti e 251 i metri di catene, all’incontro con i giornalisti. E con i due grossi lucchetti ben visibili ai polsi: lucchetti che ieri sono stati aperti davanti a Palazzo Marino, sotto le finestre del sindaco Albenini… Erano 251 giorni (ogni giorno un metro in più) che Lucio Berté, consigliere regionale radicale, protestava così contro «le gravi disfunzioni del sistema giudiziario minorile e i cattivi comportamenti di assistenti sociali, psicologi e Tribunali dei minori, che con le loro decisioni si arrogano il diritto di strappare i figli ai genitori a volte senza che questi abbiano la possibilità di difendersi». E quello che capita, ad esempio, «quando i piccoli vengono tolti alla famiglia solo perché povera, invece di darle una mano a mantenersi…». Cattivi comportamenti, dunque, «dietro i quali ci sono cattive norme». Come quelle che danno agli assistenti sociali «un potere assoluto: contro la loro parola quella dei genitori non vale! Noi chiediamo che anche per la giustizia minorile, come per quella ordinaria, sia am-messo un contraddittorio, e soprattutto che i colloqui tenuti dai, genitori con assistenti sociali e periti del Tribunale dei minori vengano registrati. I magistrati si pronunciano solo sulla base delle relazioni, redatte da persone non certo infallibili…». E il genitore cui viene tolto un figlio ha ben poche possibilità di farsi valere. Sono ancora aperte nella coscienza di tutti le ferite di quanto avvenuto di recente a Milano, dove un padre è stato accusato di molestie sulla sua piccola: dopo anni di battaglie legali (e due di carcere) è stato riconosciuto innocente innocente, ma la giustizia minorile non ha fermato il suo corso e ha definitivamente attribuito la bimba ai genitori affidatari. Paradossi cui lo stesso Castelli, ministro della Giustizia, considera urgente porre fine con una massiccia riforma della giustizia minorile. «Riforma auspicabile – nota Berté –, ma ferma nelle secche della burocrazia; bloccata alla Camera da ottobre».
E intanto? Intanto c’è il caso del piccolo Kevin, salvadoregno, settimo figlio di una giovane donna giunta in Italia nel ‘98 per procurare il boccone quotidiano agli altri sei, lasciati ai nonni oltre oceano. «Kevin aveva sei mesi. Le è subito stato tolto, sono 5 anni che combatte per lui e non sa più dove sia. Tra due giorni (domani, nrd) il Tribunale dei minori di Milano si esprimerà in merito: dopo 5 anni il giudice finalmente la vedrà e per lei sarà la prima occasione di parlare». Intanto ha avuto un ottavo figlio che, secondo le relazioni di altri periti, la donna sa allevare egregiamente. «Insomma, e un’ottima madre per i primi sei e l’ottavo, pessima e indegna per il settimo. Solo il mondo cattolico, in particolare il Cav Mangiagalli, si è occupato di lei». O c’è il caso di Jhosuè, peruviano, tolto alla madre dopo che aveva subito molestie nei pressi dell’asilo: «Il giudice ha deciso che il bambino deve tornare in famiglia Ma l’assistente sociale dopo 30 mesi non ha ancora redatto la relazione: aveva 4 anni e fu strappato ai suoi in poche ore. Ora ne ha 9: quanto dovrà aspettare per tornare a casa?».
Ciao,
avrei molto da dire sul comportamento delle assistenti sociali, ma soffro troppo a ricordare quello che mi è successo 8 anni fa!Hanno distrutto la vita dei miei figli e la mia. La verità è che sono poche e assolutamente impreparate ad affrontare una situazione un minimo complessa!Ci sarebbe anche da dire che vanno avanti anche loro per raccomandazioni e non per meritocrazia come in ogni azienda.Io ho capito una cosa ,bisognerebbe chiedere ai minori se sono felici di essere sotto il tribunale dei minori o erano più felici prima?
Forse sono stata un po confusa ma vedere una donna con una condanna a 30 anni di carcere per aver spaccato la testa al figlio di 3 anni che vive liberamente con gli altri figli con il permesso delle assistenti sociali mi fa imbestialire!Una altra verità è che ci vogliono molti soldi per proteggersi e lei li ha!altre no.
Tolta al padre perchè manca la figura materna
Un'intricata vicenda familiare, il disperato appello di un papà contro i giudici minorili.
Gianni sgrana gli occhioni blu, mentre papà Salvatore racconta l'odissea della sua famiglia impossibile, della sorellina Caterina, della mamma Silvia, della nonna Serena, una famiglia divisa prima dai vizi della vita e poi dalla burocrazia dei tribunali. Gianni guarda papà e fa sì con la testa, interviene a puntualizzare il discorso, srotola i disegni a pennarello che gli ha regalato Caterina. Parla come un adulto e ha solo 11 anni, costretto a crescere in fretta per cercar di capire quello che nemmeno un adulto può capire: perchè non può vivere sotto lo stesso tetto con il padre, la nonna e la sorellina di 8 anni? I rapporti degli psicologi e degli assistenti sociali, le sentenze del Tribunale e della Corte d'appello danno sempre la stessa risposta: a Caterina manca "una valida figura materna", quindi deve restare per tre anni (prorogabili) in una famiglia che non è la sua, in affidamento, dopo un anno di sballottamenti da una comunità all'altra. "La vedo tutti i sabati, Caterina. Quando la sera la riportiamo indietro, papà resta fuori, e io salgo su con lei. Lei piange, io trattengo le lacrime fin sulle scale, e ogni volta vorrei riportarla a casa con me".
Salvatore G. ha 54 anni. Aveva un'impresa edile, ma si infortunò a una mano, e ora tira avanti facendo il broker. Nel 1991 si separa dalla convivente, e il Tribunale dei minori gli affida Gianni, purchè abiti con la zia paterna. Poi però nasce Caterina e papà e mamma tornano insieme. Ma nel '96 la madre, con seri problemi di alcolismo, se ne torna dai suoi, portando con sè i bambini. Il Tribunale li affida ai nonni materni, ma nel '98 tornano dal papà: a patto che - ordina il Tribunale - vivano con la nonna paterna. Ma ogni visita della madre è una lite, e così intervengono gli assistenti sociali del comune. E, il 12 agosto '99, i giudici dispongono l'allontanamento forzato" di Gianni e Caterina, con un incredibile blitz di due assistenti sociali e sette agenti di polizia. Finiscono in una comunità fuori Torino per sei mesi, finchè si scopre che mangiano male e sono trattati peggio. Li separano: lui a Torino, lei a Cuneo. Altri sei mesi. Il 13 giugno il Tribunale mette fine all'esilio di Gianni: può tornare a casa. Ma Caterina no, Caterina dev'essere affidata a un'altra famiglia. Per tre anni, forse sei. Papà Salvatore ricorre, ma il 7 settembre perde anche in appello. Caterina "ha bisogno profondo di una figura materna". "Mi restano solo la Cassazione e la Corte europea, ma ci vogliono tanti soldi, e io non ne ho più. Che devo fare? Ho i rapporti favorevoli dello psicologo. Ho gli elogi dei giudici. Ho una madre che non è anzianissima, che adora i miei figli ed è adorata da loro. Ma tutto questo non conta nulla, così come il "principio di fratria", che vieterebbe di separare i fratelli. Quel che conta è che sono un papà e non una mamma. Ma non mi risulta che si tolgano le figlie a tutti i padri rimasti vedovi". Gianni lo fissa con gli occhioni blu, poi lo interrompe: "Con questa intervista, io rischio di tornare in comunità. Ma ne abbiamo parlato a lungo, con papà: questa è l'ultima speranza di riportare a casa Caterina. Il 17 ottobre compierà 8 anni. Non potremo nemmeno festeggiarla. Non cade di sabato, purtroppo, quel giorno".
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