AFFIDAMENTO CONDIVISO DEI FIGLI NELLA SEPARAZIONE E NEL DIVORZIOIn data 24 gennaio 2006 il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva il testo del disegno di l. n. 3537 recante Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli. La metodologia adottata è quella ormai tradizionale di inserire la nuova normazione nel contesto di leggi organiche, nella fattispecie del codice civile e del codice di procedura civile, attraverso la sostituzione dell'art. 155 c.c. e l'inserimento nel primo libro dello stesso codice di altri sei articoli, nonché nella modificazione dell'art. 708 c.p.c. con inserimento degli artt. 709-bis, 709-ter nello stesso codice. Il testo contiene poi, all'art. 4, la normativa attinente al diritto intertemporale e la estensione di essa al divorzio, alla cessazione degli effetti civili del matrimonio, alla nullità del matrimonio, nonché - e la circostanza merita particolare attenzione - ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Senza affrontare il dibattuto problema della opportunità, se non legittimità, dell'indicato iter procedimentale di legiferare, in questa sede, non essendovi la possibilità per ragioni di tempo di procedere ad analisi sistematica della legge in esame, ci si limiterà a delineare i dati essenziali che caratterizzano la nuova normativa, riservando ad altra occasione l'approfondimento delle questioni che emergono, soprattutto avuto riguardo agli àmbiti di operatività della nuova disciplina rispetto al sistema organico emergente dal codice civile e dalla l. 1° dicembre 1970 n. 898, così come modificata dalla l. 6 marzo 1987 n. 74. Una prima notazione di ordine generale sembra debba essere proposta con riguardo alla qualificazione giuridica, in relazione alla denominazione, del rapporto tra genitori e figli nelle ipotesi di separazione e di divorzio. Si adotta l'espressione affidamento condiviso: si tratta di una innovazione terminologica - non priva, forse, di significati sotto il profilo degli effetti giuridici - rispetto all'art. 6 della l. n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 11 della l. n. 74 del 1987, a tenore del quale, in sede di divorzio, al Tribunale è conferito il potere, da esercitarsi nell'interesse dei minori anche in relazione all'età degli stessi, di disporre l'affidamento congiunto o alternato. Prescindendosi da ogni approfondimento circa gli effetti della diversa terminologia utilizzata - potrebbe ritenersi che, utilizzandosi il termine condiviso, si sia voluto sottolineare il profilo della partecipazione attiva di entrambi i genitori, piuttosto che della sottoposizione degli stessi ad un provvedimento autoritativo - sembra doversi osservare che la disposizione, ancorché dettata dalla legge sul divorzio, è stata ritenuta applicabile in via analogica anche in tema di separazione. Dunque, anche nel sistema previgente la possibilità di coinvolgere entrambi i genitori nell'affidamento della prole deve ritenersi fosse ormai acquisita, seppure, per l'ipotesi di separazione, tale acquisizione dovesse ritenersi determinata in via interpretativa giurisprudenziale. Il nuovo testo dell'art. 155 c.c., introdotto con la legge oggetto di esame, per alcuni aspetti, ripropone, chiarendone e puntualizzandone il contenuto, la disciplina preesistente, anche in relazione alla già rilevata estensione in tema di affidamento, per altri versi, si pone con significativi elementi di innovazione. Il comma 1 del testo novellato fissa un principio che già trova riferimento nell'art. 147 c.c., in relazione all'art. 30, comma 1 Cost., a tenore del quale il rapporto intercorrente tra genitore e figlio si determina in conseguenza del fatto della procreazione: tale rapporto, peraltro, è ricollegabile, appunto, al solo fatto della generazione. In relazione a tale principio, merita di essere segnalato il comma 2 dell'art. 4 della legge, che ne estende la disciplina anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, secondo un indirizzo interpretativo che ormai deve ritenersi consolidato. Nel quadro del principio espresso dal comma 1 del nuovo testo dell'art. 155 c.c., il comma 2, richiamate le finalità definite, ribadisce il principio, pacificamente affermato da dottrina e giurisprudenza, secondo cui nel pronunciare la separazione personale dei coniugi il giudice è obbligato ad adottare i provvedimenti relativi alla prole, provvedimenti che debbono essere finalizzati esclusivamente all'interesse morale e materiale dei figli. Si tratta di un orientamento, come si è detto, ormai pacificamente acquisito dalla giurisprudenza, la quale ha sottolineato che il provvedimento di affidamento prescinde dalla responsabilità dell'uno o dell'altro coniuge, e si configura, piuttosto che come un diritto, come un munus, con la conseguenza che il correlativo e corrispondente diritto di visita del genitore non affidatario si qualifica come strumento, in forma affievolita o ridotta, per l'esercizio del fondamentale diritto e/o dovere di entrambi i genitori solennemente affermato dall'art. 30, comma 1 Cost. La disposizione contenuta nel comma 2 del novellato art. 155 c.c., secondo la quale il giudice valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori, opporre stabilisce a quale di essi i figli sono affidati , si inserisce nel quadro costituzionale come sopra delineato, alla luce della richiamata giurisprudenza, caratterizzandosi, tuttavia, per il profilo innovativo secondo il quale l'affidamento - si sarebbe detto congiunto, deve oggi dirsi condiviso - deve essere effettuato prioritariamente nei confronti di entrambi i genitori. La scelta del legislatore sembra univoca nel senso della affermazione della unitarietà del rapporto genitoriale, che si riflette nei confronti dei figli; peraltro, ove si consideri la già richiamata disposizione di cui al comma 2 dell'art. 4 della legge in esame, che ne estende l'applicazione ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati - il richiamo al profilo procedimentale, ad una prima approssimativa lettura, non sembrerebbe escludere riflessi di ordine sostanziale: la relativa problematica deve comunque essere approfondita - la disposizione assume una portata meritevole di più approfondita analisi anche in relazione a quanto disposto dall'art. 317-bis c.c. in tema di esercizio della potestà per la filiazione nata al di fuori del matrimonio. La seconda parte del comma 2 del novellato art. 155 c.c. si colloca, sostanzialmente, lungo le linee del testo precedente dello stesso articolo, dovendosi il contenuto dei provvedimenti emessi dal giudice adattare alla diversità di situazioni che, rispettivamente, si determinano a seconda che l'affidamento riguardi entrambi i genitori oppure uno di essi. La novità della disciplina va individuata nella previsione che in ogni caso - almeno così sembra debba essere interpretato il nuovo testo del comma 3 dell'art. 155 c.c. - la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Infatti, secondo il testo previdente, il provvedimento attraverso il quale, in sede di separazione, il figlio minore fosse affidato ad uno dei coniugi, determinava la conseguenza che, ferma restando la titolarità in capo ad entrambi i genitori della predetta potestà, l'esercizio di essa, per espresso disposto legislativo, dovesse essere attribuito al genitore affidatario. La deroga al principio dell'esercizio congiunto della potestà, nel contesto della preesistente disciplina, trovava ragionevole giustificazione in valutazioni di ordine operativo, di guisa che il giudice, nel disporre l'affidamento del figlio minore ad uno dei coniugi, non aveva alcun obbligo nella motivazione del provvedimento di esporre le ragioni per le quali al coniuge affidatario fosse conferito l'esercizio esclusivo della potestà: peraltro, secondo la giurisprudenza, situazioni di particolare natura, correlate all'interesse del figlio minore, avrebbero potuto legittimare, nonostante l'affidamento ad uno dei genitori, che l'esercizio della potestà fosse congiunto. Il regime delineato dal precedente art. 155, e definito attraverso la interpretazione giurisprudenziale, essendo fondato sulla titolarità di entrambi i genitori della potestà genitoriale, comportava che, pur nella ipotesi di affidamento ad uno dei genitori, il genitore non affidatario restava titolare del diritto-dovere di vigilanza, per l'attuazione del quale il giudice della separazione era tenuto ad adottare specifici provvedimenti idonei a consentire la realizzazione di tale diritto dovere. Infine, le modalità attuative del rapporto tra genitori e figli, in funzione dell'affidamento, sia che si tratti di affidamento condiviso, sia che si tratti di affidamento ad uno dei coniugi, consentono ai coniugi medesimi di realizzare accordi che debbono essere recepiti nel provvedimento del giudice, sempre che non siano contrari all'interesse dei figli. Il comma 3 del novellato art. 155 c.c., dopo avere fissato il principio, cui già si è fatto riferimento, secondo cui la potestà genitoriale è esercitata da entrambi genitori, introduce la regola, che deve ritenersi corollario dell'esercizio congiunto della potestà, secondo cui le decisioni di maggiore interesse per i figli relative alla istruzione, alla educazione e alla salute sono assunte di comune accordo, tenuto conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice Per quanto attiene ai profili di diritto sostanziale, la disposizione di cui si tratta sostanzialmente sembra riconducibile - come si è già osservato - all'art. 147 c.c., anche e soprattutto per quanto attiene alla individuazione dei criteri che debbono essere adottati p Articolo di Giovanni Giacobbe
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ITALIANI IN FUGA DA CHAVEZ
Gli italiani scappano dal dittatore socialista. Il finto oratore sta facendo fuoco e fiamme affinchè scappino gli stranieri dal Venezuela. Ricordate cos'era accaduto in Libia per colpa di Gheddafi? Una cosa simile si sta verificando nel paese meno democratico del mondo, il Venezuela.
Chavez sta cambiando ogni cosa, e adesso, addirittura cambia la legge e si fermerà a governare per sempre. Il nuovo Fidel Castro dell'America latina.
Intanto nascono a migliaia i siti dei venezuelani (veri) del popolo ...che non lo vogliono e non sanno come esprimere il loro disappunto. Eccone un esempio
VENEZOLANO VISITEN ESTE SITIO.... NO SEAN COBARDES Y ATREVANSE
Articolo pubblicato da LA STAMPA
QUESTA E' LA VERITA' IN VENEZUELA, NON QUELLA CHE CI PROPINANO ALCUNI POLITICI ITALIANI. NON VOGLIO STARE NE' A DESTRA E NEMMENO A SINISTRA, IO SONO PER LA GIUSTIZIA E LA DEMOCRAZIA, ENTRAMBE ASSENTI IN VENEZUELA.
ESTA ES LA VERDAD EN VENEZUELA, NO LA QUE NOS DICEN LOS POLITICOS EN ITALIA. NO QUIERO ESTAR NI CON LA DERECHA Y TAMPOCO CON LA IZQUIERDA, YO ESTOY CON LA JUSTICIA Y LA DEMOCRACIA, LAS DOS AUSENTES EN NUESTRO PAISA VENEZUELA. (7 ESTRELLAS).
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che ci racconta il coronel milza?
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