Foto che appare nel quartiere '23 de enero di Caracas'
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Non solo in Birmania, anche in Venezuela il governo si rende complice di silenzi inaccettabili, cosa c'è sotto? Non esiste dittatura che possa essere accettata nè dalle sinistre e nemmeno dalle destre nel mondo.
Il silenzio del Governo a un anno dalla morte di Elena Vecoli
di Francesca Burichetti
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È passato un anno dalla morte di Elena Vecoli, la ragazza aggredita e uccisa nel sonno in una camera di albergo a Los Roques, l'arcipelago corallino del Venezuela, dove si trovava in viaggio di nozze. Dapprima si parlò di un tentativo di furto, ma poi l'ipotesi si spostò sullo scambio di persona. La notizia tenne banco sulle pagine di cronaca di tutti i giornali e sui tiggì, salvo poi, come ogni buon episodio di cronaca nera, finire nel dimenticatoio. In data 7 settembre 2007 l’Occidentale ha pubblicato un articolo dal titolo, “Terrore, omicidi e sequestri nel Venezuela di Chavez”. Un Paese dove criminalità e delinquenza dettano le regole della quotidianità e dove i reati rimangono impuniti o cadono nel silenzio più assordante. Come per Elena, “abbandonata perfino dalle autorità italiane”, spiega la mamma Rossana Filipetto Vecoli, che, dopo aver letto la testimonianza del nostro corrispondente da Caracas, Enrico de Simone, ha deciso di raccontare, attraverso un commento prima e una intervista poi, il dolore per una vicenda con troppe ombre.
Signora Vecoli, nel commento che ha lasciato su l’Occidentale ha detto che “quanto alle cause dell’omicidio, l’ipotesi del furto pare essere superata: è più probabile che si sia trattato di uno scambio di persona”. Ma allora il caso è stato archiviato? “Sì. Avrebbero dovuto fare l’autopsia al corpo di mia figlia, ma dopo appena sei mesi di ricerche improvvisamente è stato archiviato tutto, nonostante i carabinieri avessero raccolto un fascicolo molto corposo sulle indagini. Non sappiamo che fine abbia fatto quel fascicolo: molto probabilmente non è stato mai letto da nessuno ed è stato dimenticato in qualche archivio. Per di più nessuno è riuscito a darci una motivazione precisa sul perché sia stato deciso di archiviare il caso così in fretta.”
I contatti con le istituzioni come sono stati? Il governo ha seguito la vicenda?“No, per niente. La nostra sensazione è stata quella di un totale abbandono. Ci siamo sentiti cittadini di serie C. In Italia se non sei un sindacalista,un parlamentare o un pezzo grosso, nessuno ti considera. Non abbiamo mai ricevuto alcuna informazione ufficiale. L’unica fonte diretta è stato Riccardo, mio genero, che però non ricorda granché. Gli era infatti stata somministrata della scopolamina, una droga molto pesante e ben conosciuta nell’ambiente venezuelano”.
Perché, secondo lei, questa indifferenza del Governo?Da quando mia figlia è morta leggo tutti i giorni on line “El Universal”. Quello di cui mi sono resa conto è che in Venezuela i delitti, di cui sono vittime soprattutto i turisti, sono all’ordine del giorno. Ma la stampa è costretta a censurarli: non può riportarli tutti. Inoltre la gente ha paura di parlare, teme ritorsioni. E il governo italiano sta coprendo tutto questo scandalo. L’impressione che abbiamo avuto è che non si vogliano destabilizzare gli equilibri politico economici che l’Italia mantiene con il Venezuela, produttore di droga e di petrolio. Tutto ruota attorno agli interessi”.
Cosa avete fatto una volta appresa la notizia? “Di tutto, per di scoprire la verità. Ma ogni tentativo si è scontrato con l’indifferenza del Governo italiano. Devo riconoscere il fondamentale supporto dell’onorevole Riccardo Migliori, reggente del coordinamento toscano di Alleanza Nazionale, che, appena appresa la notizia ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, per chiedergli quali provvedimenti avesse intenzione di prendere, in tutela di tutti gli italiani che all’estero sono stati vittime di aggressioni, sequestri e omicidi”.
E D’Alema come ha risposto?“La risposta è arrivata soltanto due mesi dopo e non direttamente da D’Alema. Abbiamo ricevuto una lettera del viceministro degli Esteri, Franco Danieli, ma non diceva niente di concreto, nessuna proposta risolutiva valida: soltanto parole, parole, parole! A novembre 2006 il viceministro si è recato addirittura in Venezuela. Ci aspettavamo di ricevere qualche informazione più chiara su quanto stesse accadendo ma Danieli si è limitato a dire che ‘aveva parlato di noi’”.
Tornando al commento su l’Occidentale, lei ha detto di aver mandato una lettera alla Farnesina per chiedere di eliminare Los Roques dalla lista delle località sicure del sito http://www.viaggiaresicuri.it/. Può raccontarci meglio la vicenda?“Io e mio marito scrivemmo una lettera con ricevuta di ritorno a Massimo D’Alema proprio il 16 ottobre 2006, quando intervenne al Tg1 delle 13:30 commentando il rapimento del reporter Gabriele Torsello, in Afghanistan. Allora D’Alema disse che “il Governo italiano lo aveva avvertito della pericolosità della sua missione e lo aveva sconsigliato”. E aggiunse una sorta di appello ai cittadini, un invito a non recarsi nelle zone pericolose. A seguito di queste dichiarazioni ci sembrava legittimo chiedere a D’Alema di provvedere concretamente e far eliminare Los Roques dalle mete sicure”.
Che cosa le è stato risposto? “Non si è fatto vivo nessuno, quindi siamo stati costretti ad inviare una seconda lettera. Solo allora è arrivata una risposta da parte di Elisabetta Belloni, il capo dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri,che, a nome della Farnesina, si è scusata dicendo addirittura di non aver ricevuto la missiva precedente. Inoltre, si è gentilmente preoccupata di portarci le condoglianze del ministro degli Esteri. Nella lettera però non si leggeva niente di confortante: ci è stato banalmente detto che non ci avrebbero potuto promettere niente, senza alcuna motivazione aggiuntiva”.
Quindi cosa avete fatto?“Delusi dalla superficialità con cui D’Alema aveva trattato la nostra richiesta, abbiamo provato a scrivere al ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Anche questa volta abbiamo mandato una raccomandata con ricevuta di ritorno e anche in questo caso non è stato sufficiente. Infatti, per essere degnati delle attenzioni del ministro, abbiamo dovuto inviare una seconda sollecitazione. Solo allora siamo stati invitati ad incontrare Mastella”.
Come si è concluso l’incontro? A questo punto la vostra richiesta è stata accolta?“Siamo stati ricevuti nel marzo 2007. Ma l’incontro è stato pietoso. Mastella aveva tutta l’aria di non aver letto nessuna delle nostre lettere e di non essere affatto a conoscenza della vicenda. Dopo aver tentennato un po’, non sapendo cosa dirci, ci ha affidato al vice capo gabinetto, un certo dottor Carmelo Celentano, promettendoci che si sarebbe occupato lui di andare fino in fondo e fare chiarezza sulla vicenda. Quel giorno il dottor Celentano ci ha lasciato tutti i suoi contatti, ma non si è fatto più sentire, né ha risposto alle nostre chiamate. All’inizio di settembre 2007 abbiamo saputo da un segretario che era stato trasferito in Cassazione. Il segretario si è limitato a dirci che il caso era in mano a un’altra persona, senza però sapere di chi si trattasse. Da allora siamo in attesa di ulteriori notizie, sperando che ci sia presto un’evoluzione”.
Ci sono stati altri tentativi di dialogo con le istituzioni?“Siamo stati ricevuti dall’ambasciata italiana del Venezuela, a Roma. Qui abbiamo incontrato Adriana Chaves, moglie di Rodrigo Chaves, vice ministro degli esteri venezuelano e amico del presidente, Hugo Chavez. Quell’incontro ci dette tanta speranza. La signora Chaves ci lasciò i suoi contatti dicendo che appena rientrata nel Paese ci avrebbe fatto avere notizie. Ma da allora non l’abbiamo più sentita e ogni volta che abbiamo provato a contattarla si è sempre fatta negare”.
Avete cercato un contatto anche con il Venezuela?“Abbiamo preso i contatti con il Consolato italiano in Venezuela: sono stati molto gentili. Hanno cercato di dirci tutto quello che sapevano, ma non rientra nei loro compiti. Dovrebbe essere il Governo italiano a far pressione affinché il caso venga portato a termine”.
Nonostante l'indifferenza dei ministri D'Alema e Mastella, in politica però qualcosa si muove. Oggi, esattamente a distanza da un anno dalla morte di Elena, verrà presentata in Parlamento dal senatore di Forza Italia Gaetano Quagliariello un’interpellanza per cercare di far luce sul caso.
di Francesca Burichetti
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È passato un anno dalla morte di Elena Vecoli, la ragazza aggredita e uccisa nel sonno in una camera di albergo a Los Roques, l'arcipelago corallino del Venezuela, dove si trovava in viaggio di nozze. Dapprima si parlò di un tentativo di furto, ma poi l'ipotesi si spostò sullo scambio di persona. La notizia tenne banco sulle pagine di cronaca di tutti i giornali e sui tiggì, salvo poi, come ogni buon episodio di cronaca nera, finire nel dimenticatoio. In data 7 settembre 2007 l’Occidentale ha pubblicato un articolo dal titolo, “Terrore, omicidi e sequestri nel Venezuela di Chavez”. Un Paese dove criminalità e delinquenza dettano le regole della quotidianità e dove i reati rimangono impuniti o cadono nel silenzio più assordante. Come per Elena, “abbandonata perfino dalle autorità italiane”, spiega la mamma Rossana Filipetto Vecoli, che, dopo aver letto la testimonianza del nostro corrispondente da Caracas, Enrico de Simone, ha deciso di raccontare, attraverso un commento prima e una intervista poi, il dolore per una vicenda con troppe ombre.
Signora Vecoli, nel commento che ha lasciato su l’Occidentale ha detto che “quanto alle cause dell’omicidio, l’ipotesi del furto pare essere superata: è più probabile che si sia trattato di uno scambio di persona”. Ma allora il caso è stato archiviato? “Sì. Avrebbero dovuto fare l’autopsia al corpo di mia figlia, ma dopo appena sei mesi di ricerche improvvisamente è stato archiviato tutto, nonostante i carabinieri avessero raccolto un fascicolo molto corposo sulle indagini. Non sappiamo che fine abbia fatto quel fascicolo: molto probabilmente non è stato mai letto da nessuno ed è stato dimenticato in qualche archivio. Per di più nessuno è riuscito a darci una motivazione precisa sul perché sia stato deciso di archiviare il caso così in fretta.”
I contatti con le istituzioni come sono stati? Il governo ha seguito la vicenda?“No, per niente. La nostra sensazione è stata quella di un totale abbandono. Ci siamo sentiti cittadini di serie C. In Italia se non sei un sindacalista,un parlamentare o un pezzo grosso, nessuno ti considera. Non abbiamo mai ricevuto alcuna informazione ufficiale. L’unica fonte diretta è stato Riccardo, mio genero, che però non ricorda granché. Gli era infatti stata somministrata della scopolamina, una droga molto pesante e ben conosciuta nell’ambiente venezuelano”.
Perché, secondo lei, questa indifferenza del Governo?Da quando mia figlia è morta leggo tutti i giorni on line “El Universal”. Quello di cui mi sono resa conto è che in Venezuela i delitti, di cui sono vittime soprattutto i turisti, sono all’ordine del giorno. Ma la stampa è costretta a censurarli: non può riportarli tutti. Inoltre la gente ha paura di parlare, teme ritorsioni. E il governo italiano sta coprendo tutto questo scandalo. L’impressione che abbiamo avuto è che non si vogliano destabilizzare gli equilibri politico economici che l’Italia mantiene con il Venezuela, produttore di droga e di petrolio. Tutto ruota attorno agli interessi”.
Cosa avete fatto una volta appresa la notizia? “Di tutto, per di scoprire la verità. Ma ogni tentativo si è scontrato con l’indifferenza del Governo italiano. Devo riconoscere il fondamentale supporto dell’onorevole Riccardo Migliori, reggente del coordinamento toscano di Alleanza Nazionale, che, appena appresa la notizia ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, per chiedergli quali provvedimenti avesse intenzione di prendere, in tutela di tutti gli italiani che all’estero sono stati vittime di aggressioni, sequestri e omicidi”.
E D’Alema come ha risposto?“La risposta è arrivata soltanto due mesi dopo e non direttamente da D’Alema. Abbiamo ricevuto una lettera del viceministro degli Esteri, Franco Danieli, ma non diceva niente di concreto, nessuna proposta risolutiva valida: soltanto parole, parole, parole! A novembre 2006 il viceministro si è recato addirittura in Venezuela. Ci aspettavamo di ricevere qualche informazione più chiara su quanto stesse accadendo ma Danieli si è limitato a dire che ‘aveva parlato di noi’”.
Tornando al commento su l’Occidentale, lei ha detto di aver mandato una lettera alla Farnesina per chiedere di eliminare Los Roques dalla lista delle località sicure del sito http://www.viaggiaresicuri.it/. Può raccontarci meglio la vicenda?“Io e mio marito scrivemmo una lettera con ricevuta di ritorno a Massimo D’Alema proprio il 16 ottobre 2006, quando intervenne al Tg1 delle 13:30 commentando il rapimento del reporter Gabriele Torsello, in Afghanistan. Allora D’Alema disse che “il Governo italiano lo aveva avvertito della pericolosità della sua missione e lo aveva sconsigliato”. E aggiunse una sorta di appello ai cittadini, un invito a non recarsi nelle zone pericolose. A seguito di queste dichiarazioni ci sembrava legittimo chiedere a D’Alema di provvedere concretamente e far eliminare Los Roques dalle mete sicure”.
Che cosa le è stato risposto? “Non si è fatto vivo nessuno, quindi siamo stati costretti ad inviare una seconda lettera. Solo allora è arrivata una risposta da parte di Elisabetta Belloni, il capo dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri,che, a nome della Farnesina, si è scusata dicendo addirittura di non aver ricevuto la missiva precedente. Inoltre, si è gentilmente preoccupata di portarci le condoglianze del ministro degli Esteri. Nella lettera però non si leggeva niente di confortante: ci è stato banalmente detto che non ci avrebbero potuto promettere niente, senza alcuna motivazione aggiuntiva”.
Quindi cosa avete fatto?“Delusi dalla superficialità con cui D’Alema aveva trattato la nostra richiesta, abbiamo provato a scrivere al ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Anche questa volta abbiamo mandato una raccomandata con ricevuta di ritorno e anche in questo caso non è stato sufficiente. Infatti, per essere degnati delle attenzioni del ministro, abbiamo dovuto inviare una seconda sollecitazione. Solo allora siamo stati invitati ad incontrare Mastella”.
Come si è concluso l’incontro? A questo punto la vostra richiesta è stata accolta?“Siamo stati ricevuti nel marzo 2007. Ma l’incontro è stato pietoso. Mastella aveva tutta l’aria di non aver letto nessuna delle nostre lettere e di non essere affatto a conoscenza della vicenda. Dopo aver tentennato un po’, non sapendo cosa dirci, ci ha affidato al vice capo gabinetto, un certo dottor Carmelo Celentano, promettendoci che si sarebbe occupato lui di andare fino in fondo e fare chiarezza sulla vicenda. Quel giorno il dottor Celentano ci ha lasciato tutti i suoi contatti, ma non si è fatto più sentire, né ha risposto alle nostre chiamate. All’inizio di settembre 2007 abbiamo saputo da un segretario che era stato trasferito in Cassazione. Il segretario si è limitato a dirci che il caso era in mano a un’altra persona, senza però sapere di chi si trattasse. Da allora siamo in attesa di ulteriori notizie, sperando che ci sia presto un’evoluzione”.
Ci sono stati altri tentativi di dialogo con le istituzioni?“Siamo stati ricevuti dall’ambasciata italiana del Venezuela, a Roma. Qui abbiamo incontrato Adriana Chaves, moglie di Rodrigo Chaves, vice ministro degli esteri venezuelano e amico del presidente, Hugo Chavez. Quell’incontro ci dette tanta speranza. La signora Chaves ci lasciò i suoi contatti dicendo che appena rientrata nel Paese ci avrebbe fatto avere notizie. Ma da allora non l’abbiamo più sentita e ogni volta che abbiamo provato a contattarla si è sempre fatta negare”.
Avete cercato un contatto anche con il Venezuela?“Abbiamo preso i contatti con il Consolato italiano in Venezuela: sono stati molto gentili. Hanno cercato di dirci tutto quello che sapevano, ma non rientra nei loro compiti. Dovrebbe essere il Governo italiano a far pressione affinché il caso venga portato a termine”.
Nonostante l'indifferenza dei ministri D'Alema e Mastella, in politica però qualcosa si muove. Oggi, esattamente a distanza da un anno dalla morte di Elena, verrà presentata in Parlamento dal senatore di Forza Italia Gaetano Quagliariello un’interpellanza per cercare di far luce sul caso.
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