Quando appoggiava la sua politica dittatoriale era ministro, poteva tranquillamente appropriarsi di quanti più milioni di dollari potesse. Da quando non ha accettato la manomissione della costituzione, effettuata dal dittatore, è stato arrestato per corruzione. Questa è la democrazia di Chavez.
Roma, 3 apr. (Apcom) - I servizi segreti venezuelani hanno arrestato l'ex ministro della Difesa ed esponente dell'opposizione Raul Isaias Baduel, accusato dalla procura militare di corruzione.
Come riporta il quotidiano spagnolo El Pais Baduel è accusato di avere sottratto denaro dalle casse dell'esercito durante il biennio del suo mandato ministeriale: fino all'apertura del processo, entro i prossimi 30 gironi, rimarrà in carcere.
Baduel era stato uno dei principali alleati del presidente Hugo Chavez e uno degli artefici dell'azione militare che lo riportò al potere dopo il fallito golpe del 2002: recentemente però si era opposto alle riforme costituzionali volute dal leader bolivarista.
Chavez: il Ceaucescu venezuelano. Segni particolari: pazzo e tiranno
Cosmo de La Fuente
Occorre stoppare il despota Hugo Chavez. La chiusura della più antica televisione venezuelano è il segnale di come stia male la democrazia e la libertà di pensiero nel paese.
Enrique è alla guida della vecchia jeep che ci porta verso Punto Fijo, cittadina nel nord ovest venezuelano, non lontana dalla laguna di Maracaibo, la zona petrolifera del nostro paese. Il mio amico guida nervosamente, si dice felice di rivedermi e durante il tragitto mi racconta come la sua famiglia e tutti i suoi parenti stiano vivendo l’attuale situazione venezuelana. Il padre di Enrique è di origini italiane mentre la madre è originaria di Maracaibo. Una vita fatta di piccoli sacrifici e voglia di raggiungere un posto al sole, una piccola azienda per la surgelazione di gamberi e frutti di mare che erano poi distribuiti in tutto il mondo. Un’azienda familiare che funzionava abbastanza bene e che improvvisamente ha conosciuto la crisi più nera. Il governo non permette che si prendano delle iniziative commerciali o quant’altro, qualsiasi piccolo imprenditore è costretto a stare con le mani legate e quindi a chiudere. Gli operai della “Mariscos Centilli” sono rimasti tutti senza lavoro, ognuno di loro ha una famiglia e dei figli, ma a nessuno importa che siano rimasti disoccupati, tanto meno al jefe che invece non fa altro che parlare di socialismo. Enrique guida e parla mentre le ruote del fuoristrada finiscono continuamente nelle numerose buche del manto stradale, sono quasi voragini, all’interno dell’abitacolo i sussulti sono talmente forti che, per non sbattere la testa da qualche parte, si è costretti a viaggiare tenendosi da qualsiasi appiglio disponibile. Sono contento, finalmente respiro di nuovo l’aria del mio paese e sento di nuovo i profumi dei fiori e delle spezie che arrivano alle narici mentre passiamo dai piccoli centri abitati, dove le donne, nell’impossibilità di acquistare carni pregiate e formaggi costosi, friggono i platanos e scaldano i fagioli neri speziati al cumino. Quasi leggendomi nel pensiero Enrique interrompe le mie riflessioni e mi dice: ‘questa gente non soffre per la mancanza di cibo, sono anni che vivono in questa situazione, la cosa peggiore, per loro, è la mancanza di libertà che cominciano ad avvertire, inizialmente avevano creduto alla rivoluzione sociale ma ora si rendono conto che la qualità è peggiorata moltissimo e che non esiste più sicurezza nemmeno di vivere”. Ricordo Enrique da adolescente, sempre allegro e ricco di iniziative, amante della musica e del ballo, sentire ora le sue parole mi intristiscono. In serata arriviamo a casa sua e incontro tutta la famiglia, i ricordi di quando eravamo ragazzi a Caracas, prima del trasferimento a Punto Fijo, ritornano tutti per regalarci qualche ora di serenità. Quando il padre di Enrico parla di Chavez abbassa la voce, come se temesse che anche in casa sua qualcuno lo possa spiare. Sorrido meravigliato per questo e lui, vecchio saggio, mi guarda dritto negli occhi e con la determinazione tipica del meridione italiano, con un linguaggio misto tra spagnolo e napoletano mi dice: “non sorridere, io questi comunisti li ucciderei tutti”. Vengo a conoscenza di fatti che da soli potrebbero riempire le pagine di un libro di suspence e dei thriller più scioccanti, storie di spionaggio e cose che in Venezuela non mi sarei mai aspettato che potessero accadere. Di fronte alla mia riluttanza e incredulità mi mettono sotto al naso la nuova costituzione bolivariana, fresca fresca, progettata dall’attuale governo che, mascherato da socialismo, in realtà nasconde un’anima comunista della peggiore specie. Le prime due leggi che mi vengono agli occhi si occupano del tradimento di pensiero, sono previsti, cioè, fino a sei anni di carcere per chi fa della propaganda contro il governo. Alla faccia della democrazia! Alla faccia di chi ha osato definire la trasformazione del Venezuela un risultato della democrazia più grande dell’America latina. Bugie! Solo bugie. Cosa significa la costituzione bolivariana? Bolivar è morto da tantissimi anni e non sapeva nemmeno cosa fosse la rivoluzione industriale. Improvvisamente pare che Simon e Chavez siano un connubio indissolubile, tanto che le parole di uno vengono confuse con quelle dell’altro e parlare di uno o dell’altro sia la stessa identica cosa. Simon Bolivar diventa incredibilmente un sostenitore di Carlo Marx, mentre Chavez è in realtà il ritorno in carne del libertador. Simon chiedeva, però, la vita e la libertà per la gente, viveva in povertà, mentre il presidente venezuelano vieta il libero pensiero e vive negli sfarzi come un nababboe che spenda milioni e milioni di dollari per pubblicizzare la sua corrente comunista. Un paese libero e sincero come il Venezuela diventa bersaglio di meschini sotterfugi per cancellare la memoria, la storia e la libertà d’espressione. Vengono censurati i libri di storia, le parole in tv, i giornali e non esiste alcuna possibilità di opposizione. I venezuelani all’estero, grazie anche a Internet, denunciano questo stato di cose e non possono rimanere impassibili di fronte alle false affermazioni per cui in Venezuela tutto starebbe andando per il meglio. Sia benedetto l’arrivo di Internet che diventa in questo momento l’unica possibilità d’espressione. Questa rivoluzione non è la nostra, questo è soltanto l’anticamera del comunismo cubano. In Italia si è liberi, non si viene perseguiti legalmente perché non approvi quello che fa il governo, non si va in galera perché dici quel che pensi o sei contrario.
Enrique è alla guida della vecchia jeep che ci porta verso Punto Fijo, cittadina nel nord ovest venezuelano, non lontana dalla laguna di Maracaibo, la zona petrolifera del nostro paese. Il mio amico guida nervosamente, si dice felice di rivedermi e durante il tragitto mi racconta come la sua famiglia e tutti i suoi parenti stiano vivendo l’attuale situazione venezuelana. Il padre di Enrique è di origini italiane mentre la madre è originaria di Maracaibo. Una vita fatta di piccoli sacrifici e voglia di raggiungere un posto al sole, una piccola azienda per la surgelazione di gamberi e frutti di mare che erano poi distribuiti in tutto il mondo. Un’azienda familiare che funzionava abbastanza bene e che improvvisamente ha conosciuto la crisi più nera. Il governo non permette che si prendano delle iniziative commerciali o quant’altro, qualsiasi piccolo imprenditore è costretto a stare con le mani legate e quindi a chiudere. Gli operai della “Mariscos Centilli” sono rimasti tutti senza lavoro, ognuno di loro ha una famiglia e dei figli, ma a nessuno importa che siano rimasti disoccupati, tanto meno al jefe che invece non fa altro che parlare di socialismo. Enrique guida e parla mentre le ruote del fuoristrada finiscono continuamente nelle numerose buche del manto stradale, sono quasi voragini, all’interno dell’abitacolo i sussulti sono talmente forti che, per non sbattere la testa da qualche parte, si è costretti a viaggiare tenendosi da qualsiasi appiglio disponibile. Sono contento, finalmente respiro di nuovo l’aria del mio paese e sento di nuovo i profumi dei fiori e delle spezie che arrivano alle narici mentre passiamo dai piccoli centri abitati, dove le donne, nell’impossibilità di acquistare carni pregiate e formaggi costosi, friggono i platanos e scaldano i fagioli neri speziati al cumino. Quasi leggendomi nel pensiero Enrique interrompe le mie riflessioni e mi dice: ‘questa gente non soffre per la mancanza di cibo, sono anni che vivono in questa situazione, la cosa peggiore, per loro, è la mancanza di libertà che cominciano ad avvertire, inizialmente avevano creduto alla rivoluzione sociale ma ora si rendono conto che la qualità è peggiorata moltissimo e che non esiste più sicurezza nemmeno di vivere”. Ricordo Enrique da adolescente, sempre allegro e ricco di iniziative, amante della musica e del ballo, sentire ora le sue parole mi intristiscono. In serata arriviamo a casa sua e incontro tutta la famiglia, i ricordi di quando eravamo ragazzi a Caracas, prima del trasferimento a Punto Fijo, ritornano tutti per regalarci qualche ora di serenità. Quando il padre di Enrico parla di Chavez abbassa la voce, come se temesse che anche in casa sua qualcuno lo possa spiare. Sorrido meravigliato per questo e lui, vecchio saggio, mi guarda dritto negli occhi e con la determinazione tipica del meridione italiano, con un linguaggio misto tra spagnolo e napoletano mi dice: “non sorridere, io questi comunisti li ucciderei tutti”. Vengo a conoscenza di fatti che da soli potrebbero riempire le pagine di un libro di suspence e dei thriller più scioccanti, storie di spionaggio e cose che in Venezuela non mi sarei mai aspettato che potessero accadere. Di fronte alla mia riluttanza e incredulità mi mettono sotto al naso la nuova costituzione bolivariana, fresca fresca, progettata dall’attuale governo che, mascherato da socialismo, in realtà nasconde un’anima comunista della peggiore specie. Le prime due leggi che mi vengono agli occhi si occupano del tradimento di pensiero, sono previsti, cioè, fino a sei anni di carcere per chi fa della propaganda contro il governo. Alla faccia della democrazia! Alla faccia di chi ha osato definire la trasformazione del Venezuela un risultato della democrazia più grande dell’America latina. Bugie! Solo bugie. Cosa significa la costituzione bolivariana? Bolivar è morto da tantissimi anni e non sapeva nemmeno cosa fosse la rivoluzione industriale. Improvvisamente pare che Simon e Chavez siano un connubio indissolubile, tanto che le parole di uno vengono confuse con quelle dell’altro e parlare di uno o dell’altro sia la stessa identica cosa. Simon Bolivar diventa incredibilmente un sostenitore di Carlo Marx, mentre Chavez è in realtà il ritorno in carne del libertador. Simon chiedeva, però, la vita e la libertà per la gente, viveva in povertà, mentre il presidente venezuelano vieta il libero pensiero e vive negli sfarzi come un nababboe che spenda milioni e milioni di dollari per pubblicizzare la sua corrente comunista. Un paese libero e sincero come il Venezuela diventa bersaglio di meschini sotterfugi per cancellare la memoria, la storia e la libertà d’espressione. Vengono censurati i libri di storia, le parole in tv, i giornali e non esiste alcuna possibilità di opposizione. I venezuelani all’estero, grazie anche a Internet, denunciano questo stato di cose e non possono rimanere impassibili di fronte alle false affermazioni per cui in Venezuela tutto starebbe andando per il meglio. Sia benedetto l’arrivo di Internet che diventa in questo momento l’unica possibilità d’espressione. Questa rivoluzione non è la nostra, questo è soltanto l’anticamera del comunismo cubano. In Italia si è liberi, non si viene perseguiti legalmente perché non approvi quello che fa il governo, non si va in galera perché dici quel che pensi o sei contrario.
Cosmo
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