I recenti lanci di missili da parte della Corea del Nord e dell'Iran hanno risollevato una questione antica, quale quella della proliferazione di armi strategiche e la detenzione di queste da parte di paesi non sempre «amici ed alleati». Sebbene gli effetti e le ripercussioni dei due diversi lanci siano profondamente distinte, è pur vero che i paesi che più di tutti hanno subìto le conseguenze politiche di ciò siano stati gli Stati Uniti, la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese ed infine Israele. Proprio quest'ultimo ha reso pubblico un proprio dossier nel quale si manifestano precisi sospetti di interferenze da parte di Venezuela e Bolivia nei rifornimenti di uranio verso Teheran.
Che non corresse buon sangue tra Caracas e La Paz verso Tel Aviv non è certo una novità. Proprio Ragionpolitica aveva posto in evidenza come già da tempo i rapporti si stessero incrinando, anche a seguito dell'espulsione dell'ambasciatore israeliano Shlomo Cohen (1) da Caracas, in concomitanza degli scontri del gennaio di questo anno nella Striscia di Gaza. A preoccupare oggi Tel Aviv non è il mero atteggiamento filo-palestinese da sempre manifestato dal Venezuela ed altri paesi c.d. neo-bolivariani, bensì il concreto sospetto che dietro i rifornimenti di uranio verso l'Iran, funzionali alla crescita del potenziale nucleare iraniano anche per fini bellici, vi siano proprio le mani latinoamericane.
Da tempo ormai si fanno sempre più insistenti le voci di stretti, anzi strettissimi, legami tra l'Iran e il Venezuela. Come dichiarato dal viceministro degli esteri israeliano Daniel Ayalón, «siamo di fronte ad una cooperazione molto prossima tra Ahmadineyad e il regime radicale di Hugo Chávez, fattore che dovrebbe preoccuparci tutti». Mentre La Paz ha rigettato le accuse di possibili legami illeciti con l'Iran, il Venezuela si è trincerato dietro un silenzio istituzionale equivalente ad un no comment. Caracas non rappresenta un mero paese latinoamericano. È divenuto il paese simbolo dell'antiamericanismo nel continente latinoamericano, supportando le proprie posizioni anticapitaliste e antiliberiste attraverso una fitta rete di rapporti con paesi e gruppi al di fuori del «cerchio dell'amicizia statunitense». L'assistenza militare fornita dall'Iran, sigillata dal viaggio del 2 aprile 2009 del presidente venezuelano a Teheran, oltre che le strette relazioni ed intese nel mercato del greggio, fungono da corona ad un meno conosciuto aspetto delle relazioni tra il Venezuela ed il Medio Oriente: quello del terrorismo. Da tempo ormai Hezbollah, movimento libanese filo-iraniano, muove i propri passi nell'America Latina, grazie alla guida in loco di Hussein Karaki, in particolare in alcuni paesi che presentano caratteristiche tanto politiche come geografiche atte a permettere la radicalizzazione di cellule terroristiche e loro centri di addestramento: Hezbo-Allah America Latina (2).
Il monito israeliano, quindi, non deve lasciare indifferenti. I sospetti nutriti da Tel Aviv si mutano sempre più in certezze. Una nuova partita globale si sta giocando. E i legami che intercorrono tanto nel mercato del greggio, così come in quello bellico-armamentistico, del narcotraffico e del terrorismo internazionale ci spingono oggi a muovere il nostro sguardo dalle terre mediorientali a quelle latinoamericane e viceversa.
M.C. Albanese
Che non corresse buon sangue tra Caracas e La Paz verso Tel Aviv non è certo una novità. Proprio Ragionpolitica aveva posto in evidenza come già da tempo i rapporti si stessero incrinando, anche a seguito dell'espulsione dell'ambasciatore israeliano Shlomo Cohen (1) da Caracas, in concomitanza degli scontri del gennaio di questo anno nella Striscia di Gaza. A preoccupare oggi Tel Aviv non è il mero atteggiamento filo-palestinese da sempre manifestato dal Venezuela ed altri paesi c.d. neo-bolivariani, bensì il concreto sospetto che dietro i rifornimenti di uranio verso l'Iran, funzionali alla crescita del potenziale nucleare iraniano anche per fini bellici, vi siano proprio le mani latinoamericane.
Da tempo ormai si fanno sempre più insistenti le voci di stretti, anzi strettissimi, legami tra l'Iran e il Venezuela. Come dichiarato dal viceministro degli esteri israeliano Daniel Ayalón, «siamo di fronte ad una cooperazione molto prossima tra Ahmadineyad e il regime radicale di Hugo Chávez, fattore che dovrebbe preoccuparci tutti». Mentre La Paz ha rigettato le accuse di possibili legami illeciti con l'Iran, il Venezuela si è trincerato dietro un silenzio istituzionale equivalente ad un no comment. Caracas non rappresenta un mero paese latinoamericano. È divenuto il paese simbolo dell'antiamericanismo nel continente latinoamericano, supportando le proprie posizioni anticapitaliste e antiliberiste attraverso una fitta rete di rapporti con paesi e gruppi al di fuori del «cerchio dell'amicizia statunitense». L'assistenza militare fornita dall'Iran, sigillata dal viaggio del 2 aprile 2009 del presidente venezuelano a Teheran, oltre che le strette relazioni ed intese nel mercato del greggio, fungono da corona ad un meno conosciuto aspetto delle relazioni tra il Venezuela ed il Medio Oriente: quello del terrorismo. Da tempo ormai Hezbollah, movimento libanese filo-iraniano, muove i propri passi nell'America Latina, grazie alla guida in loco di Hussein Karaki, in particolare in alcuni paesi che presentano caratteristiche tanto politiche come geografiche atte a permettere la radicalizzazione di cellule terroristiche e loro centri di addestramento: Hezbo-Allah America Latina (2).
Il monito israeliano, quindi, non deve lasciare indifferenti. I sospetti nutriti da Tel Aviv si mutano sempre più in certezze. Una nuova partita globale si sta giocando. E i legami che intercorrono tanto nel mercato del greggio, così come in quello bellico-armamentistico, del narcotraffico e del terrorismo internazionale ci spingono oggi a muovere il nostro sguardo dalle terre mediorientali a quelle latinoamericane e viceversa.
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