Sabrina Misseri: come la saponificatrice di Correggio. Gelosa di Sarah l’uccide, la madre Cosima l’aiuta e tace, il padre Michele la copre. La crudeltà di un assassinio senza precedenti in Italia.
Si mettono male dunque le cose per Sabrina Misseri: secondo le ultime ipotesi trapelate, lei avrebbe ucciso Sarah, forse in casa e non nel garage, e chiesto aiuto alla mamma Cosima. Poi è stato coinvolto lo zio Michele, che "all'ora del delitto dormiva". E spunta un suo sms a una giornalista: "Mi faccio schifo". Lunedì le analisi dei Ris sul cellulare di Sarah e l'auto di Misseri. Il movente di Sabrina? La gelosia.
Il padre, forse impazzito ormani, pensa alle sue olive che vanno perse e non alla famiglia. La sfinge, la signora Cosima protegge e nasconde la malafatta della figlia perché, anche lei, aveva una sorta di odio verso Sarah che ormai piaceva anche ai ragazzi e alle due ciccione questa cosa non andava giù-
Sabrina voleva spaventare Sarah, ma si è lasciata prendere dalla mano.
Lo zio Michele in galera si preoccupa solo delle sue olive che andranno perse. E’ un altro esempio di uomo schiacciato dalla volontà di una moglie matriarcale e comandante che considera l’uomo, il marito, lo zerbino di casa.
La grassona di Sabrina era gelosissima quindi di Sarah, mentre la piccola vedeva quel mostro come un idolo. Speriamo che la giustizia segua il suo corso come dovrebbe e che la maledetta passi in galera molti anni pensando a come ha tolto il sorriso a una quindicenne.
OMICIDA: Leonarda Cianciulli
VITTIME: Faustina Setti, Francesca Soavi, Virginia Cacioppo
LUOGO E DATA: Correggio (RE), 1939 - 1940
CORPI DI REATO: martello, seghetto, coltello da cucina, scuri, mannaia, treppiede
PROVENIENZA: Reggio Emilia, Procura, 1949
Nata a Montella di Avellino nel 1893, Leonarda Cianciulli, segnata da un'infanzia infelice, nel 1914 sposò Raffaele Pansardi, impiegato dell'ufficio del registro, e va a vivere a Lariano, nell'Alta Irpinia. Nel 1930 il terremoto del Vulture distrusse la loro casa e gli sposi si trasferirono a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Leonarda ebbe diciassette gravidanze con tre parti prematuri, dieci figli morirono in tenera età. I quattro figli sopravvissuti erano per Leonarda un bene da difendere a qualsiasi prezzo, angosciata dal ricordo di una zingara che molti anni prima le aveva predetto un amaro destino: "Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi". Più tardi, interrogando un'altra zingara, questa, leggendole la mano, le disse: "Vedo nella tua mano destra il carcere, nella sinistra il manicomio".
Nel 1939, alla notizia che Giuseppe, il figlio maggiore e prediletto, sarebbe partito per il militare con la minaccia sempre più concreta dell'ingresso in guerra dell'Italia, Leonarda decise drasticamente cosa fare: sacrifici umani in cambio della vita del figlio. La Cianciulli frequentava tre amiche, tre donne sole, non giovani, che avrebbero volentieri cambiato vita per sfuggire alla noia e alla solitudine di Correggio. Tutte e tre chiesero aiuto a Leonarda, la quale decise che era giunto il momento di agire.
La prima a cadere nella rete della donna fu Faustina Setti, la più anziana, attirata da Leonarda con la promessa di averle trovato un marito residente a Pola. Leonarda convinse la donna a non parlare con nessuno della novità. Il giorno della partenza, Faustina si recò a salutare l'amica, che la convinse a scrivere alcune lettera e cartoline che avrebbe spedito appena giunta a Pola, in cui annunciava a parenti e amici che tutto andava per il meglio. Ma a Pola Faustina Setti non giungerà mai, perché cade sotto i colpi di scure di Leonarda Cianciulli, che trascina il corpo in uno stanzino e lo seziona in nove parti, raccogliendo il sangue in un catino. Poi, come scriverà nel suo memoriale, «gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io».
La seconda vittima si chiamava Francesca Soavi, cui Leonarda aveva promesso un lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca la mattina del 5 settembre 1940 si recò a salutare l'amica prima di partire. Il copione si ripeteva, Leonarda convinse la donna a scrivere due cartoline, dicendole che le avrebbe dovute spedire da Correggio per annunciare ai conoscenti la partenza evitando di far conoscere la sua destinazione. La Cianciulli si avventò sulla donna e ripeté il "sacrificio". La terza e ultima vittima si chiamava Virginia Cacioppo, ex cantante lirica, cinquantatreenne, costretta a vivere in miseria e nella nostalgia del proprio passato di artista. Leonarda le propose un impiego a Firenze, come segretaria di un misterioso impresario teatrale, pregandola, come al solito, di non farne parola con nessuno. Virginia, entusiasta della proposta, mantenne il segreto e il 30 settembre 1940 si recò a casa di Leonarda dove: «Finì nel pentolone, come le altre due (.); la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce».
La cognata dell'ultima vittima, insospettita per la sparizione improvvisa della donna, vista entrare in casa della Cianciulli, ne denunciò la scomparsa al questore di Reggio Emilia, il quale, seguendo i numerosi indizi lasciati dall'omicida, arrivò alla "saponificatrice". Sottoposta a interrogatorio la donna confessò senza resistenze i tre omicidi.
La Corte stabilì che Leonarda Cianciulli era l'unica responsabile di quei turpi omicidi e la condannò a trent'anni di carcere e a tre anni di manicomio giudiziario. Morì nel manicomio giudiziario per donne di Pozzuoli, il 15 ottobre 1970, stroncata da apoplessia celebrale.
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