Come Caino e Abele: Travaglio non ci sta! Saviano, fai un passo indietro .Il dio Marco Travaglio, sebbene dica di essergli amico, sotto sotto non vede di buon occhio Saviano. Come Cristo e l’Anticristo, come il bianco sta al nero, come Di Pietro a Berlusconi, cominciano a stare sullo stesso piano. Questo non piace a Marco, l’uomo che s’illude di discendere da Dio e di vedere il tutto e il niente.
Si sa che in tempo di crisi bisogna salvaguardare il proprio lavoro e quando vivi di ‘giornalisimo’ anche se pessimo, anche se sulla pelle degli altri. Oggi, però, la pelle è anche la sua. Saviano comincia a spaziare, eppure avevano i ruoli ben definiti: uno si occupava di Berlusconi e l’altro doveva parlare, sempre e solo di Mafia. Lui si che poteva parlare di mafia, non citiamo quelli che la combattono faccia faccia, tacciamo su Maroni che si è impegnato a far guerra alla malavita organizzata; sono solo particolari se accostiamo alla saggezza dello scrittore. Maroni? NO!! Non doveva avere tanto successo dimostrando di aver, veramente, fatto terra bruciata intorno alle mafie. Ora, tutto quello che ha detto, che la Lega conversa con le mafie cade in ridicolo.
Che cosa vuole Saviano che, in qualche modo, sta oscurando l’immagine “simpaticona” e “ironica” di Marco Travaglio, che gode talmente tanto quando parla da Santoro che quasi trema. Le sue risatine isteriche. Ora Saviano, con i suoi monologhi, sta veramente dando noia Travaglio.
Che cosa fare allora? Con finta modestia e con fare da insegnante dice: “Sono amico di Saviano ma posso anche criticarlo”. Lui, il dio delle chiacchiere, il signore dell’antiberlusconismo, si adagia e guarda Saviano, lo critica, perché (pensa) la sua critica è come un tesoro, le sue parole sono sacro insegnamento.
Una lotta tra titani? Il livello d’insignificante accozzaglia di pensieri, monotoni, triti e ritriti, che colano sempre uguali.
Tra Saviano e Travaglio si è incrinata l’amicizia, che tanto reale non era.
Qualcuno ha detto che Travaglio voleva un Saviano “travagliato” ma non è così. La verità è che voleva non si avventurasse nel discorso politico berlusconese, quello doveva restare off-limits. Come sopravvivranno al dopo Berlusconi? Non ci sarà l’oggetto della discordia, non ci sarà nemmeno la materia di discussione.
Queste le parole di Travaglio:
“Mi concentro su quanti mi domandano perché criticare un grande e coraggioso scrittore come Roberto Saviano. Io non ho criticato Saviano in quanto grande e coraggioso scrittore. Ho semplicemente detto che, rispetto alle attese che aveva suscitato con un programma tutto suo, mi aspettavo qualcosa di più. Se ho citato Dell’Utri, Berlusconi, Cuffaro, i rapporti mafia (o camorra) e politica, le trattative Stato-mafia ai tempi delle stragi, non è certo perché pretendessi, come mi scrive qualcuno, che “Saviano facesse il Travaglio”. Ma perché erano stati proprio Saviano e Fazio a preannunciare che quelli sarebbero stati alcuni dei temi trattati nel loro programma. E credo che sia stato proprio per questo che i vertici Rai hanno provato a bloccare il programma col pretesto dei costi troppo alti. Sono amico di Roberto Saviano… Criticare il suo programma non è la stessa cosa. Tra persone che si apprezzano e si stimano, la lesa maestà non ha cittadinanza: le critiche, anzi, sono un gesto di amicizia che può arricchire e aiutare a crescere. In questo spirito ho criticato Roberto, confidando che nelle altre tre puntate di Vieni via con me ritrovi quella magnifica “spettinatura” che ne fa un intellettuale atipico, disorganico, disomogeneo, sorprendente, estraneo a ogni etichetta e a ogni “presepe”. Un intellettuale che ama l’Italia e dunque, necessariamente, “anti-italiano”. Chi vuole trasformarlo in un santino infallibile e incriticabile non sa quanto gli vuole male. Gli elogi agli infallibili e agli incriticabili non valgono nulla. Anzi, non sono neppure elogi: sono servi encomi”.
Dio ha parlato, ora siamo più dotti. Ma fammi il piacere! Che discorsi logori e abusati.
Si sa che in tempo di crisi bisogna salvaguardare il proprio lavoro e quando vivi di ‘giornalisimo’ anche se pessimo, anche se sulla pelle degli altri. Oggi, però, la pelle è anche la sua. Saviano comincia a spaziare, eppure avevano i ruoli ben definiti: uno si occupava di Berlusconi e l’altro doveva parlare, sempre e solo di Mafia. Lui si che poteva parlare di mafia, non citiamo quelli che la combattono faccia faccia, tacciamo su Maroni che si è impegnato a far guerra alla malavita organizzata; sono solo particolari se accostiamo alla saggezza dello scrittore. Maroni? NO!! Non doveva avere tanto successo dimostrando di aver, veramente, fatto terra bruciata intorno alle mafie. Ora, tutto quello che ha detto, che la Lega conversa con le mafie cade in ridicolo.
Che cosa vuole Saviano che, in qualche modo, sta oscurando l’immagine “simpaticona” e “ironica” di Marco Travaglio, che gode talmente tanto quando parla da Santoro che quasi trema. Le sue risatine isteriche. Ora Saviano, con i suoi monologhi, sta veramente dando noia Travaglio.
Che cosa fare allora? Con finta modestia e con fare da insegnante dice: “Sono amico di Saviano ma posso anche criticarlo”. Lui, il dio delle chiacchiere, il signore dell’antiberlusconismo, si adagia e guarda Saviano, lo critica, perché (pensa) la sua critica è come un tesoro, le sue parole sono sacro insegnamento.
Una lotta tra titani? Il livello d’insignificante accozzaglia di pensieri, monotoni, triti e ritriti, che colano sempre uguali.
Tra Saviano e Travaglio si è incrinata l’amicizia, che tanto reale non era.
Qualcuno ha detto che Travaglio voleva un Saviano “travagliato” ma non è così. La verità è che voleva non si avventurasse nel discorso politico berlusconese, quello doveva restare off-limits. Come sopravvivranno al dopo Berlusconi? Non ci sarà l’oggetto della discordia, non ci sarà nemmeno la materia di discussione.
Queste le parole di Travaglio:
“Mi concentro su quanti mi domandano perché criticare un grande e coraggioso scrittore come Roberto Saviano. Io non ho criticato Saviano in quanto grande e coraggioso scrittore. Ho semplicemente detto che, rispetto alle attese che aveva suscitato con un programma tutto suo, mi aspettavo qualcosa di più. Se ho citato Dell’Utri, Berlusconi, Cuffaro, i rapporti mafia (o camorra) e politica, le trattative Stato-mafia ai tempi delle stragi, non è certo perché pretendessi, come mi scrive qualcuno, che “Saviano facesse il Travaglio”. Ma perché erano stati proprio Saviano e Fazio a preannunciare che quelli sarebbero stati alcuni dei temi trattati nel loro programma. E credo che sia stato proprio per questo che i vertici Rai hanno provato a bloccare il programma col pretesto dei costi troppo alti. Sono amico di Roberto Saviano… Criticare il suo programma non è la stessa cosa. Tra persone che si apprezzano e si stimano, la lesa maestà non ha cittadinanza: le critiche, anzi, sono un gesto di amicizia che può arricchire e aiutare a crescere. In questo spirito ho criticato Roberto, confidando che nelle altre tre puntate di Vieni via con me ritrovi quella magnifica “spettinatura” che ne fa un intellettuale atipico, disorganico, disomogeneo, sorprendente, estraneo a ogni etichetta e a ogni “presepe”. Un intellettuale che ama l’Italia e dunque, necessariamente, “anti-italiano”. Chi vuole trasformarlo in un santino infallibile e incriticabile non sa quanto gli vuole male. Gli elogi agli infallibili e agli incriticabili non valgono nulla. Anzi, non sono neppure elogi: sono servi encomi”.
Dio ha parlato, ora siamo più dotti. Ma fammi il piacere! Che discorsi logori e abusati.
Cosmo de La Fuente
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