Lo studio di cui voglio parlarvi e di cui vi parlerò per un po', è nato con l'intenzione di valutare le competenze metalinguistiche di venezuelani con origini italiane e, quindi, nati e cresciuti in Venezuela, ma con almeno uno dei due genitori di lingua italiana; spesso parlanti un dialetto del meridione italiano. Questa ricerca mi ha permesso di riavvolgere un po' il nastro della mia passata esperienza di discente e delle mie difficoltà di apprendimento, da qui a divagare in campo socio-psico-linguistico è stato facile. Quali sono le problematiche di chi vuol imparare l'italiano come L2 quando, in realtà, l'italiano, lingua dei propri genitori non lo è? Quali sono i sentimenti di chi viene, a volte, costretto a imparare una lingua per volere dei genitori?
Ho cercato di trovare delle risposte a queste domande e ho deciso di approfondire la prima ipotesi di Krashen, quella del "filtro affettivo" perché, secondo il mio punto di vista, è proprio che siamo posizionati noi, madrelingua spagnolo ma, quasi madrelingua italiana. L'odio e amore verso una cultura da cui deriviamo ma che tentavamo di occultare e ci ostinavamo a non approfondire, dando vita a un bilinguismo passivo e allo sviluppo di un'interlingua familiare che seguiva tre codici linguistici diversi: lo spagnolo, l'italiano e il dialetto.
Questo stato di cose si complica quando è solo uno dei genitori ad essere italiano e peggiora ulteriormente se l'italiano è la lingua madre del padre. La lingua del padre, unico 'vero' italiano di famiglia, nella maggioranza dei casi diventa la lingua dominata e quindi quella che scompare. La dimentica anche lui. Nonostante questo, però, accade a volte che i figli, più avanti negli anni, scoprano il piacere di appartenere alla cultura italiana e decidano di imparare "bene" la lingua. Alla luce di questo perché bisogno discriminare, sia linguisticamente che socialmente, la figura del padre? Con il consenso della professoressa Marello (professore ordinario della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Torino) ho coniato il termine "linguapadre". E' risaputo che in altre lingue, come l'inglese, stia cambiando qualcosa allo scopo di evitare la discriminazione linguistica. Un termine come "policeman" cambia e diventa "policeofficer". Perché dobbiamo continuare a parlare di linguamadre e basta? O si specifica quando è di madre e quando di padre, come nel nostro caso di italo-venezuelani con padre italiano e madre venezuelana, o di parli di "linguafamiglia".
Nel corso di questo studio non dimenticherò di parlare di storia del Venezuela e della presenza degli italiani in questo Paese, diventato più famoso per via della (supposta) Rivoluzione Bolivariana di Chàvez. Parleremo di intercomprensione, di bilinguismo, di conflitto linguistico tra lingue affini e imparentate, delle differenze tra lo spagnolo iberico e quello sudamericano analizzando, in conclusione, le schede di alcuni informatori che hanno descritto delle vignette.
Effettuando ricerche per stabilire se termini usati dai nostri informatori siano adattamenti, calchi o semplicemente transfer dallo spagnolo, dandone una spiegazione linguistica sufficientemente chiara.
Se ami la linguistica, il bilinguismo e comunque riesci ad apprezzare una ricerca che, senza troppe pretese, si basa su fatti 'veramente accaduti', questa può essere una buona occasione per percorrere questo tragitto insieme.
Tutto questo nel corso dei prossimi pezzi che segnaleremo attraverso Twitter, Facebook, aggregatori di notizie o, semplicemente, tornando qui su familiafutura. Chi volesse pubblicare i pezzi può farne richiesta scrivendo a
@Cosmodelafuente