È così che il paese con il
maggior numero di riserve petrolifere non solo è a corto di cibo, ma anche di
carburante. Le sue raffinerie sono ferme, colpite da una dipendenza tecnologica
dagli Stati Uniti. Già prima dell’embargo era difficile che imprese USA
vendessero pezzi di ricambio al Venezuela, dopo il 2017 è diventato impossibile
e le riparazioni “artigianali” non sono bastate per degli impianti che hanno
bisogno di costante manutenzione operativa. A questo si aggiungono lerestrizioni
sull’acquisto degli additivi, come l’etanolo, che ha sostituito il piombo nella
benzina.
In aiuto del Venezuela l’Iran,
che mantiene un’alleanza con il paese iniziata con Chávez e rafforzatasi con
Maduro, ha inviato via aereo delle apparecchiature per la raffineria di Carson
e cinque navi, con benzina e additivi. Una sfida aperta agli USA con minaccia
di ritorsioni verso le navi americane nello stretto di Hormuz, in caso ci
fossero interventi sulle navi iraniane. Scartata l’ipotesi militare, gli Stati
Uniti hanno solo un’opzione, quella di adottare misure contro le petroliere
iraniane.
Ma non finiscono qui le
connessioni con l’Iran delle quali è protagonista Tareck El Aissami, nominato
Ministro del petrolio in maggio, ricercato dagli Stati Uniti e sospettato di
supporto a Hezbollah, il “partito di Dio”, proxy iraniano, che controlla vaste
fasce di territorio in Venezuela, e guida il traffico di droga e l’estrazione
illegale di minerali preziosi come diamanti, coltan, uranio, oro.
Quando era Ministro dell’Interno
fu proprio Tarek al Assaimi, che è di origine siriano-libanese, a fornire
passaporti e carte d’identità per gli affiliati di Hezbollah che arrivavano in
Venezuela. Imputato dagli USA per traffico di droga nel 2017, è stato di nuovo
accusato in aprile di quest’anno dal tribunale federale statunitense per aver
partecipato a una presunta cospirazione narcoterrorista con i ribelli
colombiani per inondare gli Stati Uniti di cocaina (200 – 250 tonnellate, che
corrispondono a 30 milioni di dosi), al fianco di Maduro.
Credo fermamente che il nostro
Paese non possa continuare a “non prendere la parte di nessuno”. La posta in
gioco non è solo il rispetto dei diritti di un popolo, che sta emigrando in
massa per sfuggire alla fame, e che è composto anche da circa un milione di
discendenti italiani, ma anche l’effetto che un Paese corrotto porta sulla
sicurezza e stabilità internazionale.
Riciclaggio globale di denaro,
corruzione, narcotraffico, estrazione illegale di minerali, e il ruolo di
supporto di nazioni straniere e attori non statali5 con i quali ci confrontiamo
a livello regionale – nel Mediterraneo – e internazionale, fanno di Maduro il
capo di un regime al centro di una rete criminale, che gli permette di restare
al potere nonostante le sanzioni e le pressioni internazionali.
Nelle crisi il tempo della
decisione è una variabile importante e se chi deve decidere non lo fa, saranno
altri a decidere per lui”.
Insomma qualche speranza ci
sarebbe se qualcuno che milita nel partito castro-chavista italiano, il M5S,
tenta di aprire gli occhi ai revolucionarios
incalliti come Di Battista e Di Stefano.
L’Italia continua ad essere
neutrale, i grillini non vogliono infastidire Maduro, perché?
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