PAVEL FLORENSKIJ, LETTERE SENZA TEMPO CHE LASCIANO IL SEGNO.
Uno scienziato nel gulag staliniani.
Pavel Florenskij, un uomo dotato di poliedricità, immenso pensatore, filosofo e scienziato martire della Chiesa Ortodossa, è stato chiamato “il Leonardo da Vinci russo”. Imprigionato nei gulag staliniani da dove ha scritto e lasciato il segno attraverso le commoventi lettere inviate alla famiglia a pochi mesi dalla morte che riflettono la grande saggezza e umiltà e hanno contenuti di rara profondità e dolcezza.
Sempre coerente e pacato nella sua fede, affronta anni di
gulag continuando a seguire i suoi studi nei limiti del possibile, fino alla
morte molto vicina al martirio.
"Tutto passa, ma tutto rimane. Questa è la mia
sensazione più profonda: che niente si perde completamente, niente svanisce, ma
si conserva in qualche modo e da qualche parte. Ciò' che ha valore rimane,
anche se noi cessiamo di percepirlo."
Amati figlioletti miei… (Pavel A. Florenskij)
“Notte tra sabato 19 e domenica 20 marzo 1921 Mosca
Amati figlioletti miei […] Eccovi una cosa che non posso non
scrivere: abituatevi, educate voi stessi a fare tutto ciò che fate in maniera
perfetta, con cura e precisione; che il vostro agire non abbia niente di
impreciso, non fate niente senza provarvi gusto, in modo grossolano. Ricordatevi
che nel pressapochismo si può perdere tutta la vita, mentre al contrario, nel
compiere con precisione e al ritmo giusto anche le cose e le questioni di
secondaria importanza, si possono scoprire molti aspetti che in seguito
potranno essere per voi fonte profondissima di nuova creatività […]. E non
solo. Chi agisce con approssimazione, si abitua anche a parlare
approssimativamente, ed il parlare grossolano, impreciso e sciatto coinvolge in
questa confusione anche il pensiero. Cari figlioletti miei, non permettete a
voi stessi di pensare in maniera trascurata. Il pensiero è un dono di Dio ed
esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il
pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero.”
[Natalino Valentini] Pavel A. Florenskij è una delle figure
più significative e sorprendenti del pensiero religioso russo, oggi riscoperto
in gran parte d’Europa (dopo oltre cinquant'anni di oblio) come uno dei
maggiori pensatori del Novecento. Florenskij è anzitutto un filosofo della
scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche
filosofo della religione e teologo, teorico dell’arte e di filosofia del
linguaggio, studioso di estetica, di simbologia e di semiotica.
"Retaggio della grandezza è la sofferenza, sofferenza
che viene dal mondo esterno, e sofferenza interiore, che viene da noi stessi.
Così è stato, è, e sarà. [...] Sì, la vita è fatta in modo che si può dare
qualcosa al mondo solo pagandone il fio con sofferenze e persecuzioni. E più il
dono è disinteressato, più crudeli sono le persecuzioni, e dure le sofferenze.
[...] Per il dono della grandezza è l'uomo che deve pagare con il proprio
sangue"
[Anselmo Paolini] Solo in questi ultimi anni la vicenda di
Pavel Florenskij ha iniziato ad essere conosciuta in Italia per merito di
alcuni appassionati traduttori e studiosi. Eppure già nei primi decenni del
secolo scorso diversi pensatori russi parlarono di Florenskij come di un
“Pascal russo” o di un “Leonardo da Vinci della Russia”. Ci troviamo infatti di
fronte ad una intelligenza straordinaria, in grado di unire le più alte
speculazioni metafisiche con la matematica e l’ingegneria, la storia dell’arte
con la filosofia del linguaggio, l’invenzione scientifica con la creazione
artistica, la teologia con la semiotica e la simbologia. Pavel Florenskij era
un uomo dalla cultura poliedrica, che riusciva a coniugare con ardite
intuizioni scienza e fede, cristianesimo e cultura, vita e pensiero. Pavel
Florenskij è oggi riconosciuto come uno dei maggiori pensatori del XX secolo,
dotato di una personalità davvero poliedrica: ingegnere elettrotecnico,
studioso di estetica, teologo, filosofo della scienza, matematico e altro
ancora.
[1917]«Nello spazio ampio della mia anima non vi sono leggi,
non voglio la legalità, non riesco ad apprezzarla… Non mi turba nessun ostacolo
costruito da mani d’uomo: lo brucio, lo spacco, diventando di nuovo libero,
lasciandomi portare dal soffio del vento»
L'ultima parte della sua esistenza, dall'arresto alla
prigionia e alla morte nel gulag, rappresenta non solo una testimonianza del
coraggio di Florenskij, ma è anche emblematica dell'attualizzazione del suo
pensiero.
Presa la decisione di non poter mai abbandonare la sua terra
e diventare un emigrato, il pensatore russo affronta in pieno tutte le
conseguenze di questo gesto.81 Arrestato una prima volta nel 1928, viene
definitivamente imprigionato nel 1933. Da quel momento in poi lo aspetteranno
quattro anni di prigionia, fino alla morte per fucilazione avvenuta nei pressi
di Leningrado (l'attuale San Pietroburgo) nel 1937.Ne parleremo ancora.
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